Comizi di genere: la tesi di laurea di Elena Gemello è un podcast sulla fluidità

Verso l’inizio del suo documentario del ’64 Comizi d’amore (qui su Mubi), Pier Paolo Pasolini si riprende seduto a tavola con l’amico scrittore Alberto Moravia e con lo psicanalista Cesare Musatti.
«Io mi rivolgo a voi come due autorità» dice Pasolini. «E vi chiedo che senso può avere fare un’inchiesta come quella che ho cominciato. Tu, Moravia, che ne pensi?».
E Moravia risponde: «Penso che sia bene farla, qualunque siano gli effetti e i risultati di questa intervista, perché è una cosa che si fa per la prima volta, cioè per la prima volta, o quasi, credo che si faccia qualcosa che i francesi chiamano “cinema verità”. Per la prima volta questo “cinema verità”, in Italia, parla della questione sessuale, la quale è tabù non soltanto sullo schermo ma perfino nei salotti o nelle conversazioni abituali. Perciò credo che in sé e per sé l’intervista sia bene farla».

Era il 1963 e all’epoca Pasolini doveva ancora girare uno dei suoi capolavori, Il Vangelo secondo Matteo, ma stava viaggiando per il paese per trovare luoghi e persone per il film. Visto che da tempo pensava a un inchiesta sulle idee di italiane e italiani riguardo alla sessualità, decise, insieme al produttore Alfredo Bini, di mettere insieme i due progetti. Ispirandosi al documentario francese Chronique d’un été dell’antropologo e regista Jean Rouch e del sociologo Edgar Morin — che nell’estate del ’60 girarono per Parigi e Saint-Tropez chiedendo alle persone più disparate: «sei felice?» — Pasolini intervistò la gente, dipingendo un ritratto dell’Italia degli anni ’60, quelli del boom economico, tra ingenuità, ignoranza, ipocrisia, perbenismo, arretratezza culturale, profonde differenze di classe.

Il film andò male al botteghino e per molti anni venne considerato anche dalla stessa critica un progetto poco ispirato, minore, non pienamente riuscito — qui in casa ho diversi volumi della collana Il Castoro Cinema, e in quello dedicato a Pasolini, pubblicato nel 1974, il critico e regista Sandro Petraglia scrive: «un accumulo di materiali proposti senza una elaborazione propriamente cinematografica e per così dire grezzi, in fieri, elementari. […] Per il resto nulla di interessante: Moravia che parla da vecchio santone, la Fallaci che discetta sull’arretratezza della morale sessuale femminile, Ungaretti che si sporge sul precipizio della propria vertigine di poeta. Documento, certo, ma anch’esso ambiguo, notevole nella strumentazione materica del dato ma incapace di sintesi e di reale oggettivazione sociologica, che non siano quelle un po’ manierate del cinema stesso nella sua componente magnetofonica».

(courtesy: Elena Gemello)

Col passare degli anni, tuttavia, il giudizio è per lo più mutato, e oggi, oltre ad essere diventato una preziosissima testimonianza di quella che era l’Italia degli anni ’60 (e uno strumento per capire pure quella odierna), il documentario è anche considerato come uno dei capisaldi italiani del genere, capace di ispirare decine e decine di progetti d’inchiesta, cinematografici e non.
A Comizi d’amore si è ispirata — fin dal titolo — anche la giovane designer Elena Gemello, che come tesi di laurea in design presso la Libera Università di Bolzano ha ideato e realizzato un podcast: Comizi di genere.

«Normale/anormale, maschio/femmina, bianco/nero, abile/disabile. Quante e quali sono le categorie dentro le quali tendiamo a voler rientrare e a far rientrare gli altri? Permettono dinamismo, evasione?» si è chiesta Gemello, che ha 23 anni, una spiccata tendenza per l’esplorazione di ciò che è “altro” ed è alla ricerca di una strada che le permetta di «affrontare le questioni sociali contemporanee attraverso gli strumenti del design e mediante la creazione di legami e relazioni».

Comizi di genere si articola in 8 puntate, costruite attorno al concetto di fluidità e a 30 interviste ad altrettante che reclamano la possibilità di non essere etichettate e inserite in categorie rigide.
Per saperne di più, le ho chiesto di presentare e raccontare il progetto.

Il progetto

Comizi di genere è il mio progetto di tesi di laurea di design alla Libera Università di Bolzano ed è un podcast che esplora la fluidità del genere umano.
Sullo stile di Comizi d’amore, il film-inchiesta di Pier Paolo Pasolini, raccoglie le voci e le esperienze di 30 persone che rivendicano la possibilità di sfuggire alle categorie.

Comizi di genere è stato pubblicato a marzo su Spreaker e distribuito sulle principali piattaforme e directory di podcast come Spotify, Google Podcasts e altre ancora. In aggiunta, un sito web in linea con l’identità visiva di Comizi di genere ospita i vari episodi del podcast e racconta parte del progetto.

Ascolta “Trailer | comizi di genere” su Spreaker.

Perché il tema della fluidità?

La volontà di scardinare l’idea che i binari ci definiscano è una volontà sempre più condivisa al giorno d’oggi: viviamo in una società liquida che richiede nuovi strumenti per essere vista.
Quali prospettive sulla fluidità si possono avere? Ma soprattutto, che cosa pensa chi la vive sulla propria pelle? 

Luca
(courtesy: Elena Gemello)

Sono gli incontri avvenuti con persone non-binarie ad aver suscitato in me un forte interesse per l’approfondimento di questi argomenti, alimentando il bisogno di trasmettere i pensieri, le sensazioni e le esperienze vissute da una realtà che esiste all’intersezione di ogni cosa. 
Si tratta di una fluidificazione che non risparmia nessun aspetto dell’identità o dell’esistenza. Essa può interessare la lingua che parliamo, la musica che ascoltiamo, il cibo che cuciniamo, gli eventi a cui partecipiamo, il modo in cui ci vestiamo, fino a raggiungere il genere e l’orientamento sessuale con i quali ci identifichiamo.

Ascolta “Ep. 1 | Fluidità come Fantasia: ambito” su Spreaker.

L’intervista

Il podcast prende forma attraverso la rielaborazione di 30 interviste. Quelle intervistate sono persone non-binarie, e altre che accolgono la fluidità come filosofia di vita.
Tra di loro c’è chi ha risposto a una open call condivisa sul social network Instagram. Altre sono state contattate direttamente perché presentavano caratteristiche peculiari e adatte al progetto.

(courtesy: Elena Gemello)

Ci sono studentesse di arte, coppie omosessuali, un pansessuale, una mamma, un prete, una coppia con paralisi cerebrale, una monaca buddhista, una insegnante di yoga e guaritrice olistica, un genderfluid, una psicologa, un artista queer, uno studente di scienze internazionali, un informatico ghanese, una modella body positive italo-senegalese, un eterosessuale, uno studente di lingue, una donna araba, un maître de ballet, un cantante. 
(Queste persone non amano le definizioni: l’elenco di chi sono viene fornito al fine di una migliore comprensione del lavoro.)

Ascolta “Ep. 2 | Fluidità come Scommessa: imprevisti” su Spreaker.

Le domande

Le 12 domande che compongono l’intervista hanno preso vita in seguito alla lettura e all’ascolto di testi e testimonianze, sezioni di libri, articoli di giornale, video o rappresentazioni artistiche, teatrali e cinematografiche basati su teorie contemporanee come non binarismo, xenofemminismo e intersezionalità.

Emma
(courtesy: Elena Gemello)

«Conosci il significato della parola queer? Quale ambito della tua vita ritieni più fluido, se ce n’è uno?»; «Riesci ad immaginare una famiglia non biologica? Nella tua xeno-famiglia a chi apriresti la porta?» sono esempi di domande che ho posto agli intervistati. 

Ascolta “Ep. 3 | Fluidità come Solidarietà: Xenofamiglia” su Spreaker.

Perché un podcast?

L’idea di lavorare alla creazione di un podcast nasce per trasmettere le informazioni e i contenuti raccolti ad un pubblico più vasto senza modificarne la natura. Si tratta, inoltre, di uno strumento fluido in grado di rendere argomenti molto difficili e ostici alla portata di tutti.

(courtesy: Elena Gemello)

Un podcast mette la voce al centro, sgomberando la scena dalle immagini, dai video e dai commenti, «è sia personale, nella modalità di ascolto, sia comunitario, nella capacità di creare atmosfere solidali e informali intorno ad un tema, dando vita a nuovi confronti» (Brillo, 2020). Poi, anche in piccolo, condividere ritratti e storie non solo aiuta a documentare e legittimare determinate esperienze, ma può essere un raggio di speranza per chi sta ancora cercando di chiarire la propria strada. Ed ecco che nasce Comizi di genere, un podcast autoconclusivo composto da 8 episodi più un trailer.

Ascolta “Ep. 4 | Fluidità come Invenzione: se il mondo fosse un gioco?” su Spreaker.

Significati e conclusione

La tesi rimarca l’importanza della flessibilità, dell’accoglienza, delle relazioni, della scoperta di sé e dell’altro. È fondamentale sfruttare questo particolare periodo storico in cui una dose di imprevedibilità accompagna il nostro percorso nel cuore di una pandemia e favorisce la presa di consapevolezza della semplicità con cui un essere umano possa flettersi e cambiare a seconda di ciò che lo circonda. Sfruttando l’onda stimolata della generazione Z è il momento di sviluppare empatia e rispetto nei confronti di chi questa fluidità la vive in prima persona anche in altri ambiti, altrettanto significativi. Comizi di genere nasce per offrire un’immagine della ricchezza del genere umano e restituire la possibilità di vedere diversamente le differenze.

Vale e Manu
(courtesy: Elena Gemello)

Se ci sono individui che sentono la necessità di sfuggire alle categorie, ne esistono altrettanti che, al contrario, da queste ne traggono sicurezza e stabilità. Ciò che conta è saper riconoscere di necessitare, o di non necessitare, di schemi mentali, e che questi, se devono esistere, non si carichino in nessun modo di valori assoluti e trascendentali.

In conclusione, l’aria di freschezza, leggerezza e novità di Comizi di genere è l’essenza di un progetto che intende sondare il terreno per la concezione di un futuro all’insegna dell’emancipazione!

Ascolta “Ep. 5 | Fluidità come Resistenza: discriminazioni” su Spreaker. Ascolta “Ep. 6 | Fluidità come Espressione: genere” su Spreaker. Ascolta “Ep. 7 | Fluidità come Accoglienza: diversità” su Spreaker. Ascolta “Ep. 8 | Fluidità è” su Spreaker.
Un messaggio

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