Tutti pazzi in città

Alessandro Bocchetti

Tutti a Faenza! Seduto nella Piazza Nenni aspettando l’apertura, guardo il cellulare, mille foto arrivano da Lima Perù, tutti a Lima, a celebrare la cucina andina, la next big thing, dopo Francia, Spagna, Danimarca tocca alla cucina sudamericana.

Io sto qui in questa piazza che profuma di tagliatelle, di campanile e di Guareschi, tra sciami di biciclette e famiglie che manco in un film di Pupi Avati. L’aia, con i pali di legno, quanto lontana da Lima e dal rito gourmet.

Non posso fare a meno di pensare che questa è la novità, una novità antica ma che profuma di moderno si parla tanto di territorio in questi anni, questo è il paesaggio italiano che diventa linguaggio.

Le nuove trattorie sono una realtà italiana, uno specifico unico, ma che nessuno racconta. Non più solo posti da cibi a buon mercato, ma veri custodi del paesaggio.

Leggono ed interpretano una filiera e una voglia di convivialità antica ma tanto attuale. Poco alla volta la piazza si riempie, la luce scende con il tramonto e si accendono dei fuochi, come nelle vecchie sagre. La gente si mette in coda e i piatti cominciano a girare.

E che piatti! Solidi, buoni e comprensibili. Vedere la famiglia faentina impazzire per uno spaghetto con la colatura di Pasquale Torrente da Cetara o per un piatto di gnocchetti sardi con il ragout di salciccia è un flash. Nessuna difficoltà, nessuna indecisione, solo piacere allo stato puro.

Di questo piacere, della gioia che si legge nello sguardo di tanti turisti seduti alle tavole dello stivale ce ne siamo troppo spesso vergognati, è il momento dell’orgoglio invece.

Di comprendere che questa gioia contagiosa, questo grande racconto popolare che la cucina italiana sa fare è la nostra cifra, la nostra storia che dobbiamo narrare. Qui a Faenza iniziamo a farlo.

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