Krug Celebration Week

«Un brand di lusso ha bisogno, oltre che di un’indiscussa qualità, anche di una storia e di un fondatore»
(Margareth Henriquez, Presidente Krug)

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Una Maison in cerca di storia, non che Krug non ne abbia una o che questa storia sia poco interessante, ma ho come l’impressione che da quelle parti, almeno fino a pochissimo tempo fa, siano stati troppo concentrati a fare dell’ottimo champagne per dedicarsi ad altri “orpelli”, storia della Maison compresa.

E proprio per conoscere meglio la qualità, la storia ed il fondatore che, in un caldissimo pomeriggio bolognese di fine giugno, mi sono messa in viaggio alla volta di Reims per partecipare, insieme a quattro blasonati giornalisti enogastronomici italiani ed altri arcinoti giornalisti provenienti da Germania, Svezia, Scandinavia, Giappone, Inghilterra, Stati Uniti, all’edizione zero della Krug Celebration Week. Un grande festa di due giorni, in cui la Maison racconta ad un pubblico, che solo in questa edizione zero è composto esclusivamente da addetti ai lavori, il piacere dello champagne. Ebbene sì, la prima cosa che imparo su Joseph Krug, il fondatore, è che per lui lo champagne è soprattutto “piacere in quanto tale”.
Vista la premessa, conviene proprio approfondire.

La storia

La storia della Maison Krug, che di recente è stata oggetto di un attento lavoro di ricostruzione, confluito poi in un libricino appena dato alle stampe, ebbe inizio nel 1843.
Joseph Krug era un immigrato tedesco, un visionario che ormai quarantenne (per i tempi decisamente in là con gli anni) decise di dar vita alla propria omonima azienda dopo aver lavorato, imparando il mestiere, alla Maison de Champagne Jacquesson per ben nove anni. La grande ambizione di Joseph era di creare uno champagne totalmente diverso da quelli allora in commercio. Ricostruendo e proponendo ai propri clienti uno champagne costante per generosità ed eleganza; una Cuvée de Prestige che si presentasse al palato sempre allo stesso modo, anno dopo anno, a prescindere dalle variazioni climatiche delle singole annate.

Nel 1848, trovandosi già avanti con l’età, ed essendo suo figlio troppo piccolo per prendere in mano le redini della Maison, Joseph Krug decise di scrivere tutto quello che c’era da sapere sull’arte dello champagne in un libricino di pelle rosso-bordeaux, un vademecum da tramandare generazione dopo generazione, in modo che nulla della sua esperienza andasse perso.
Il libro, come vedete nelle immagini, si trova ancora nella storica casa di famiglia in rue Coquebert, Reims.

Da allora sei generazioni di Krug si sono succedute alla guida della Maison e benché nel 1999 la proprietà sia passata al gruppo LVMH, c’è un Krug – Olivier Krug, sesta generazione – alla direzione generale della Maison. Olivier può dirsi beato tra le donne: la bella presidente Margareth Henriquez, le winemaker Raphaele e Julie Cavil, Raphaele Léon-Grillon, che si occupa di Clos d’Ambonnay, una delle vigne più preziose al mondo, il direttore marketing e comunicazione Olivia Crouan-Giuntini. Interessante che ci siano così tante donne in posti così rilevanti in una Maison di Champagne, vero?

La Maison ed il lifestyle

Che la Maison sia stata fondata da un tedesco, con il pallino della qualità, lo si capisce da molte cose: l’eleganza ed il lusso sono più sobri ed asciutti, di quello che ho osservato nelle passate esperienze alla scoperta dello champagne, i modi sono meno leziosi, l’ospitalità più diretta, meno formale. Una curiosità? Ad accoglierci nel cortile della Maison non troviamo una sfavillante fuoriserie, ma un antico pulmino delle consegne!

Ma le origini teutoniche diventano chiarissime quando vengo a conoscenza del serrato programma che hanno organizzato per noi! Innanzitutto a scanso di equivoci veniamo divisi in due gruppi: uno che comprende gli esperti di vino e champagne e l’altro invece chi si occupa di lifestyle ovvero, fatta eccezione per la sottoscritta… altri esperti di vino e champagne, che però scrivono per testate di moda e viaggi. Degli italiani restano a farmi compagnia solo la nostra simpatica accompagnatrice Jane Cardani di Halas Communication e l’effervescente Francesca Neri, meglio nota come Geisha Gourmet. Quando apprendo che per noi non sono previste degustazioni ma un non meglio identificato percorso lifestyle quasi quasi ci resto male. Ormai ero psicologicamente pronta ad iniziare a bere alle 11 del mattino… con buona pace delle raccomandazioni di mammà!

Dopo una breve introduzione alla Maison, da parte della presidente Margareth Henriquez, che sarà la nostra guida per tutta la giornata, apprendo che io sarò di corvée in cucina. Per un attimo temo che, siccome sono l’unica non esperta di vino, stavolta mi toccherà fare l’aiuto cuoco per “guadagnarmi il viaggio”.
Poi arrivano anche tutti gli altri e mi rassereno un po’.

Dicevo di corvée in cucina. Non una cucina qualsiasi per la verità, ma quella dello chef Arnaud Lallement che oltre ad essere stato definito da qualche signora presente un “discreto manzetto” , ha ben due stelle Michelin appuntate sul petto. Sarà per quello che ha costantemente una posa pettoinfuori da ventennio? Boh, comunque io non ho visto nessun manzetto in quella cucina e tra il caldo dei fornelli che mi scioglie l’ultimo residuo di trucco, i bicchieri di champagne che a un certo punto cominciano a girare, i flash del fotografo ufficiale puntati addosso che mi imbarazzano e neanche poco, sono riuscita ad avvistare solo i poveri piccioni morti, che di li a poco sarebbero diventati la portata principale del nostro pranzo all’Assiette Champenoise, il ristorante di Arnaud Lallement. Lo chef e il suo locale sono stati scelti dalla Maison, perché sono tra quelli in cui scorrono più bollicine Krug, non solo a Reims, ma nel mondo!

Dello champagne degustato parlerò in seguito. Quanto all’esperienza nella cucina dello chef Lallement, mi è servita a confermare una cosa che in fondo sapevo già: se fossi chef (o se semplicemente se stessi un po’ di più ai fornelli) sarei magrissima, perché gli odori in cucina mi nauseano talmente tanto che poi non riesco a mangiare…
Comunque, va detto che il tipo di cucina proposto dall’eccellente chef non fa per me! Io in generale detesto le consistenze mollicce e schiumose. I miei commensali ed anche tutti gli altri, guida Michelin compresa (voci di corridoio dicono che nel 2013 arriverà la 3 stella), però apprezzano molto, quindi non negatevi l’esperienza condizionati da quello che ho scritto io.

Dopo pranzo, ormai veramente molto poco lifestyle, puzziamo di sudore e miasmi di cucina e piccione, siamo scarmigliati (in particolare la sottoscritta, Jane e Francesca devono aver fatto un patto con il diavolo ed i loro capelli restano a posto per tutto il giorno) e marciamo compatti verso la tappa successiva: Clos d’Ambonnay.
Clos d’Ambonnay è un piccolissimo vigneto di meno di un ettaro nel quale viene coltivato il Pinot Noir che viene utilizzato per produrre ogni anno quello che credo sia lo champagne più costoso al mondo ovvero il Krug Clos d’Ambonnay.

Ad accoglierci e guidarci è Olivier Krug, come dicevo, sesta generazione della famiglia Krug e direttore generale della Maison.
Finita la visita alla vigna, con preziosa degustazione annessa, è il mio lato calabrese a prendere il sopravvento. Voglio tornare in albergo, farmi una doccia, riposare… Tedeschi, svedesi, finlandesi, giapponesi, inglesi, americani e le mie due compagne italiane (sarà che una è per metà inglese e l’altra arriva dal nord-est produttivo) invece non danno segni di cedimento.

Mi tocca arrendermi all’evidenza e procedere verso la tappa successiva, che prevede l’assaggio dei vini che compongono il blend, al fine di ricreare la nostra versione della Grande Cuvée 2011 (appena imbottigliata e che sarà sul mercato nel 2019).
Non so se ricordate – l’ho già scritto altre volte – ma il Krug Grande Cuvée (e in generale tutti gli champagne) non è composto da un solo vino, scelto e fatto fermentare, ma nasce dalla miscela di 120 vini, appartenenti a tre vitigni: Pinot Meunier, Pinot Noir e Chardonnay.

Per fortuna a noi hanno fatto tentare il blend con 5 Pinot Meunier, 5 Pinot Noir e 5 Chardonnay. Non vi dico che fatica assaggiare quei vini non fermentati, dopo aver degustato uno dei migliori champagne al mondo!

Sì, è vero, c’era la sputacchiera a disposizione, ma trovo molto poco lifestyle sputare ripetutamente in pubblico, perciò a un certo punto ho lasciato che la mia squadra composta da agguerritissimi giornalisti cinesi procedesse senza di me ed ho cominciato a pensare a quanto poco tempo mi restava per riposare prima di cena!

Per la cena di gala, mi preparo talmente tanto in fretta, che manco la Fatina di Cenerentola sarebbe riuscita a fare la magia in così poco tempo… Così bardati a festa, e devo dire che specie tra gli stranieri ci sono idee molto confuse su cosa sia il caso indossare in un’occasione del genere, arriviamo in una delle dimore storiche della famiglia Krug a Reims, trasformata in elegantissima sala da pranzo per l’occasione.

Qui, con mio iniziale disappunto, visto che ho dieci centimetri di tacchi, prima di cena veniamo portati a visitare le cantine. Ben presto il disagio, e devo dire manco grave perché le scarpe si rivelano più comode del previsto, si trasforma in meraviglia.

Nelle cantine ad attendere c’è uno spettacolo fatto di luci, ninfe dei boschi, arpe, ballerine; un intero universo onirico, fantastico ci accompagna per tutto il percorso. E’ la magia dello champagne, immagino…

A cena, separata dal resto del gruppo, finisco seduta alla destra di Olivier Krug. Fremo sulla sedia, ho un sacco di domande da fare:
a quanti anni hai iniziato a bere? e i tuoi figli bevono già? e chi sceglie le etichette delle bottiglie? perché io avrei degli appunti da fare, specie sulla tavolozza cromatica utilizzata per Krug Clos d’Ambonnay, come si fa a scegliere una scritta viola per lo champagne più costoso al mondo?
Ma la giornata è stata lunghissima, piacevole e stancante per tutti, perciò educatamente mi costringo a parlare del più e del meno, finché proprio non riesco più a controllarmi e sbotto: siete tra i pochi grandi produttori, forse gli unici, a fare pochissimo merchandising, pochissime collaborazioni con designer e artisti, come mai?

Sorridente, gentile, ma anche asciutto, mi fissa per un secondo e poi risponde : ”A che serve fare oggetti se devi vendere champagne?”
Beh credo, che il riassunto di tutto il viaggio alla scoperta della Maison Krug, stia in queste poche parole, che confermano la mia premessa: gli orpelli non servono per Krug parla la qualità dello champagne prodotto!

p.s.
un accorato appello ai giornalisti nostrani, quelli stranieri in linea di massima lo hanno capito, quando mi incontrate in occasioni di questo tipo, per favore, non chiedetemi con faccia perplessa che ci sto a fare io così incompetente lì in mezzo a voi blasonati esperti del settore, ma girate la domanda a chi ha organizzato o meglio ancora ai marketing manager del brand in questione, sono certa che loro sapranno darvi una risposta più plausibile della mia!

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