Nicholas Van Der Rohe

A tirar su il naso verso il cielo se hai la fortuna di star lontano da città affollate, zone industriali, trafficate autostrade, la volta celeste ti sembrerà un velo nero steso da qualcuno davanti a un bianco faro di luce pura, velo che se ne sta lì da eoni, consumato dal tempo, con i suoi mille e mille buchi a formar quelle che noi chiamiamo stelle.
In ritiro lontano da tutto, tra mucche, erba umida e una via lattea che, di bianco spumeggiando, passa tra le trame e divide in due lo sguardo, c’è un designer che ha fatto del perfezionismo una poetica, dell’autoesilio una risorsa e dell’infinito (and beyond) che incombe con massa pari a 1052 kg di atavica paura sulle nostre povere testoline timorose una fonte d’ispirazione costante.

Dalle fiandre all’Italia – dove Nicholas Van Der Rohe si fa produrre i suoi apocalittici foulard in seta pura e li fa indossare a modelle senza trucco e fotografate con luce naturale (bando al software), con una sensibilità che ricorda il Terrence Malick de I giorni del cielo, quando girò quasi l’intero film con luce naturale durante la cosiddetta “ora magica” (in realtà meno di mezz’ora) durante la quale il sole è già tramontato ma il cielo è ancora illuminato – e membro dell’immaginario Ordine degli Arazzi Neri, Van Der Rohe ha alle spalle, di fronte e tutt’attorno una carriera di textile designer, specializzato nella certosina pratica del ritratto su arazzo.

Per ora i suoi foulard in Italia li trovi solo da Antonioli.

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