Space Postcards: quando a disegnare è una macchina a controllo numerico

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L’occhio umano riesce a percepire solo una certa frequenza della radiazione luminosa e per questa ragione — sebbene di meraviglie da gustarci ce ne siano a bizzeffe pure tra i 400 e i 790Thz — ci perdiamo tutta una serie di spettacoli che la natura, di nascosto, ci offre.
Galassie lontane che divorano altre galassie, future stelle in incubazione nel grande utero di una nebulosa… Per il famoso «ho visto cose che voi umani non potreste immaginarvi: navi da combattimento in fiamme al largo dei bastioni di Orione, e ho visto i raggi B balenare nel buio vicino alle porte di Tannhäuser» servirebbero appunto occhi di androide.

Ma da brave scimmie evolute, che dove non arrivano con ciò che hanno “in dotazione” inventano macchine per farlo al posto loro, abbiamo realizzato tutto un apparato di tecnologie capaci catturare quel che l’occhio non vede. Ed ecco dunque i radiotelescopi, che “ascoltano” l’universo e poi traducono quel che sentono in un linguaggio che noi poveri ometti possiamo capire.
Quasi tutte le più belle e colorate e magiche foto del cosmo sono tradotte in frequenze “commestibili” da noi umani.

In rete di foto simili ce ne sono in quantità e il designer italiano Andrea Segato — in arte Self Andrea, da anni di base a Rotterdam, in Olanda (di lui ho già parlato per le maschere che ti trasformano in un non-vedente e le app per iPhone fisiche) — ha passato mesi a raccoglierle per poi farle ri-disegnare da altre macchine, stavolta quelle a controllo numerico tipiche della produzione industriale.

Ma al posto dei classici schemi di taglio Andrea ha inserito texture e pattern della superficie di pianeti e lune, e invece della punta da taglio a lavorare, qui, sono matite e pennarelli, che si muovono su diverse realizzando vere e proprie cartoline dallo spazio, regalando un po’ di fantascientifica meraviglia a macchine che raramente vanno oltre la noiosa e ripetitiva quotidianità della fabbrica, facendole giocare coi colori e i pennarelli mentre l’uomo — il cui ruolo qui è solo marginale — se ne sta a guardare il risultato.

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