Aiap Women in Design Award: è aperta la call per partecipare alla nuova edizione del premio biennale dedicato alle designer della comunicazione visiva

Quando si parla di questioni che interessano l’intera società, o perlomeno un settore di essa, gli aneddoti personali valgono zero, lo so. Ma in tutti questi anni sono entrato, fisicamente o virtualmente, in molte classi di comunicazione visiva, trovandomi di fronte un pubblico in larghissima parte femminile.
I dati relativi al genere di chi frequenta le scuole italiane di grafica e affini non li conosco, ma qualche anno fa uscì una ricerca del Design Museum di Londra relativa alla situazione degli istituti del Regno Unito, dove il corpo studentesco — mostrava l’indagine — era composto principalmente da ragazze, con una proporzione di 7 su 10. Percentuale che poi scendeva di molto (moltissimo) quando si andava a guardare la composizione degli studi professionali dei medesimi settori (grafica, design del prodotto, architettura, ecc.): lì la forza lavoro femminile raggiungeva appena il 22%.

In Italia — stando a una bella ricerca svolta nel 2018 dalla giovane designer Flavia Lunardi per la sua tesi di laurea, nella quale analizzò un centinaio di realtà più o meno grandi — negli studi di grafica c’è un equilibrio quasi perfetto tra i generi, equilibrio che però scompare andando a vedere tra i fondatori e le fondatrici: le seconde sono circa un terzo dei primi.
La situazione, da noi come al di fuori dei nostri confini, sta pian piano cambiando, e negli ultimi anni si è posta molta attenzione sul tema della disparità di genere, in questo come in molti altri settori dell’industria creativa, attraverso mostre, libri, articoli, progetti collettivi e concorsi.
Ne parlai con la stessa Lunardi, alla quale chiesi cosa ne pensasse, anche alla luce delle molte polemiche che talvolta suscitano questo tipo di operazioni, spesso viste come inutili autoghettizzazioni.
«Su questo la prima reazione che ho è quella di fastidio, perché non penso ci sia una specifica grafica femminile, una tipografia femminile, ecc.» mi rispose lei. Aggiungendo poi: «D’altra parte penso anche che, se far vedere il lavoro di una progettista donna può aiutare a dare visibilità in una società che è comunque ancora dominata dagli uomini, ben venga. Non penso che il problema sia fare un mostra sulle designer donne. È un tentativo, pur con i suoi limiti, di fare qualcosa».

(courtesy: AWDA)

Mi trovai completamente d’accordo. D’altra parte, se esistono progetti del genere, è proprio perché c’è una questione di genere. E, fino a quando ce ne sarà bisogno, è giusto che si continui ad accendere i riflettori su tutto ciò, attraverso strumenti che possano fungere da “acceleratori” di dinamiche che, nella società reale, procedono troppo lentamente.
Uno di questi “acceleratori” — lo chiama proprio così Marcella Corsi, economista e docente alla Sapienza di Roma, che dice «i premi come le quote sono strumenti utili, se non essenziali, perché in un processo così lento a realizzarsi, come quello della parità di genere nel lavoro, si possano introdurre degli elementi di accelerazione e renderlo più rapido: se siamo d’accordo sulla finalità e sul processo, allora proviamo ad accelerarlo» — è l’AWDA, acronimo che sta per AIAP Women in Design Award.

Curato da Cinzia Ferrara, Laura Moretti e Carla Palladino insieme a una piccola squadra di volontarie e con il supporto organizzativo di AIAP, l’associazione italiana del design della comunicazione visiva, AWDA è un premio biennale internazionale nato nel 2012 e dedicato, appunto, alle designer della comunicazione visiva: «È un progetto ambizioso e consolidato nel tempo» spiegano le curatrici, «che ha l’obiettivo di fare emergere, in un’ottica di valorizzazione e gender equality, quelle figure femminili del design della comunicazione visiva, del passato, del presente, del futuro, che la storia anche recente non sempre riporta. AWDA è anche una piattaforma di confronto e dialogo, necessario in un momento storico in cui alle donne, in molti paesi del mondo, sono negati i principali diritti umani e non solo quelli legati alla possibilità di studiare, lavorare, realizzare progetti».

(courtesy: AWDA)

Dopo quattro edizioni, che hanno avuto il merito di premiare progetti notevoli e progettiste di altissimo livello, AWDA ritornerà quest’anno con la quinta edizione, che introdurrà una nuova categoria di concorso: oltre alle menzioni d’onore per ricercatrici, studentesse e professioniste, al premio alla carriera e al premio AWDA, ci sarà infatti anche il premio AWDA for RIGHTS!, che, precisano le organizzatrici «sarà attribuito al progetto, tra tutti quelli selezionati dalla giuria, che meglio avrà affrontato le tematiche sociali dei diritti e del lavoro femminile, e più in generale delle disparità di genere e in ogni ambito».

La cerimonia di premiazione si terrà a ottobre 2023.
La scadenza per la presentazione dei progetti è fissata al 25 maggio 2023.
Tutte le informazioni per partecipare sono qui e nel bando di concorso.

Sul sito di AIAP, inoltre, si possono acquistare i libri dedicati al premio: volume 1, volume 2 e volume 3-4. L’ultimo, doppio volume sarà esposto a partire da lunedì 3 aprile presso ADI Design Museum nell’ambito della mostra Italy: A New Collective Landscape («Il concept grafico del volume è stato sviluppato da Costanza De Luca, Greta Rolando e Greta Valotto, tre studentesse/laureate under 35, grazie a una collaborazione attiva tra AWDA e ISIA Urbino» ci hanno spiegato da AWDA).
E infine, per chi volesse seguire su Instagram il progetto, ecco l’account: @aiapwomenindesign.

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