Le informazioni su Lorenz Stoer, incisore vissuto in Baviera tra il XVI e il XVII secolo, sono andate perdute nella nebbia del tempo. Su di lui si sa pochissimo. È incerto l’anno di nascita — forse il 1537 — così come quello della morte — probabilmente 1621. Una sola opera completa è giunta fino a noi: un libro bizzarro, nel quale è evidente sia l’influenza di Dürer sia la fascinazione, tipica dell’epoca e mutuata dal Rinascimento italiano, per lo studio delle prospettive.
Intitolato Geometria et Perspectiva, e uscito in diverse edizioni, a colori e non, raccoglie undici splendide tavole ideate da Stoer — come egli stesso spiega nel frontespizio — ad uso degli intarsiatori.
Quello delle rovine è un tema piuttosto tipico nei trattati sulla prospettiva, ma Stoer vi inserisce composizioni di poliedri che danno all’insieme un sapore surrealista (qualche secolo prima del surrealismo) e una sensazione eerie, cioè quella sottile inquietitudine che nasce — come ha ben descritto Mark Fisher nel suo The Weird and the Eerie — «quando c’è qualcosa dove non dovrebbe esserci niente, o quando non c’è niente dove invece dovrebbe esserci qualcosa».
A proposito di presenze e assenze: apparentemente non c’è nessuna figura umana nelle tavole ma in realtà, guardando bene la quarta, sotto all’arco, verso il centro dell’immagine, sembra proprio di vedere un omino.
Digitalizzato dalla biblioteca dell’Università di Tubinga, Geometria et Perspectiva si può sfogliare e scaricare qui.