Discarded Photos Project: un account Instagram dedicato alle foto scartate dai fotografi

Quand’è che un foto è sbagliata? Quando non è giusta, verrebbe da rispondere, ma la logica, in questo caso, non aiuta a trovare una risposta quanto piuttosto a far arrotolare su se stessa la domanda. Anche perché chi lo decide se uno scatto è sbagliato o meno (tanto più che sbagliare deriva da abbaglio: e se l’abbaglio lo prende chi la giudica uno sbaglio?) e già anni fa il sempre ottimo Michele Smargiassi sul suo blog Fotocrazia diceva che «la foto “sbagliata” troverà di sicuro un’estetica della foto “sbagliata” che la comprende e la nobilita».

Potremmo quindi provare a cambiare la domanda: quand’è che una foto va scartata?
Inquadratura storta, troppa luce, poca luce, messa a fuoco sballata, scatto accidentale, soggetto mosso?
In questo caso la scelta dipende dal fotografo — o dall’editor, se c’è di mezzo una pubblicazione, oppure dal curatore, casomai si tratti di una mostra.
Capire però il perché un’immagine sia stata messa da parte da chi l’ha prodotta può essere rivelatorio: non solo del processo creativo dell’artista ma anche del suo immaginario e, più in generale, del gusto estetico di un’epoca.

Discarded Photos Project, takeover di Johan Entchev

Come ben sanno i detective e i ladri d’identità, frugare nella spazzatura di qualcuno è una fonte ottima per conoscere le sue abitudini e carpire informazioni. Allo stesso modo, gli scarti dei fotografi possono darci una prospettiva inedita sulla loro poetica.
Proprio per questo trovo particolarmente interessante Discarded Photos Project, account Instagram (con pagina Facebook collegata) che raccoglie gli scatti rifiutati dai loro stessi autori.

Non è il primo progetto del genere: ci sono gruppi su Flickr, ci sono Tumblr che fanno la stessa cosa, ma Discarded Photos Project “vive” sulla stessa piattaforma in cui oggi si condividono più immagini — Instagram — e ospita anche artisti italiani, tra cui Luca Tavera, che me l’ha segnalato.
Inizialmente contenitore di singoli scatti, l’account ora coinvolge gli autori in maniera più partecipativa, attraverso dei takeover durante i quali un singolo fotografo ha una settimana a disposizione per postare i propri scarti.

Dietro al progetto, nato nell’aprile del 2019, ovviamente c’è un fotografo: Santolo Felaco. Napoletano, autore di fanzine e di un libro, Caput Mundi, sulla decadenza della città in cui vive, Roma, Felaco è anche co-fondatore del collettivo L.I.S.A.
L’ho intervistato per farmi raccontare meglio la sua idea.


Discarded Photos Project, takeover di Mònica Pallí

Com’è nato il progetto? Immagino che la scintilla sia arrivata dalle tue foto scartate.

Il progetto è nato un po’ per caso, ma sicuramente hanno contribuito sulla sua nascita alcune riflessioni fatte in passato, che mi hanno spinto a pensare alle motivazioni che ci spingono a selezionare o scartare alcune foto.

Quali erano le motivazioni per le quali, prima di intraprendere questo progetto, scartavi una foto?

Le motivazioni per selezionare o meno una foto possono essere molteplici. Sicuramente all’interno di un progetto fotografico le motivazioni più importanti sono l’aderenza della foto con il messaggio del lavoro e con la scelta linguistica che si è deciso di perseguire. Quindi, al di là di considerazioni tecniche sulla bontà della foto, che possono essere talvolta derogate, per me è importante capire se quella foto possa trasmettere qualcosa inerente al progetto, o può essere utile in qualche modo all’interno di un editing.

Le prime foto postate su Discarded Photos Project sono quelle di Santolo Felaco

Conoscendo i lavori di alcuni di quelli che finora hanno partecipato, ho trovato che Discarded Photos Project sia un’ottima e rara occasione per dare uno sguardo dentro agli “ingranaggi” del processo creativo. Facendo vedere ciò che resta fuori, si getta una luce su come si sceglie ciò che invece viene scelto di utilizzare e mostrare. Qual è stato, finora, il tuo bilancio dell’iniziativa?

L’idea per ora ha come mezzi di comunicazione Instagram e da poco Facebook, credo che il bilancio, in questa fase iniziale, sia positivo. Ho visto una buona risposta da parte di chi ha partecipato e dai frequentatori delle pagine.

Come scegli gli artisti da invitare?

Per alcuni degli autori scelti già conoscevo il loro modo di fotografare, mentre per altri li ho cercato prevalentemente su Instagram. L’obiettivo è fornire un alternanza di autori di sesso maschile e femminile, nonché una copertura di linguaggi e generi fotografici.

Discarded Photos Project, takeover di Elisa Tomaselli

Nei takeover su Instagram gli artisti non spiegano i motivi per cui quelle foto sono state scartate. Come mai? Non sei curioso? Non credi possa essere interessante per il pubblico conoscere il dietro le quinte di una decisione tanto importante per chi lavora con le immagini?

Sicuramente le motivazioni che portano alla scelta possono essere interessanti, penso però che Instagram non sia il social adatto per questo scopo. Esso si basa soprattutto sulle immagini, un’argomentazione, inerente il processo di selezione, impone un formato più discorsivo. In ogni caso questa osservazione resta valida, magari in futuro elaborerò un modo per focalizzarmi anche su questo aspetto, magari facendo uso della pagina Facebook.

Credi che, per chi partecipa a questo progetto, sia anche un’occasione per pensare o ripensare a come e perché viene scattata una foto? Le tue sono state le prime foto a uscire sui canali di Discarded Photos Project: cosa ci hai trovato?

Ho già ho avuto conferma da parte degli autori pubblicati che, nell’atto di selezionare le foto da inviarmi, si sono posti alcune domande, hanno, in alcuni casi, rivalutato alcune foto che prima non consideravano meritevoli. Personalmente ho pubblicato alcune foto che consideravo errate, la mia è stata una scelta di pancia. Ovviamente questo esperimento impone di compiere una selezione su foto scartate, quello che chiedo ai partecipanti, così come ho fatto io, è di inviarmi le foto di “pancia”, evitando di applicare quei criteri che hanno portato queste foto ad essere scartate.

Discarded Photos Project, takeover di Barbara Fiorillo

Una delle domande che poni, attraverso l’account Instagram, è se una foto scartata possa avere un valore. Secondo te quale potrebbe essere questo valore?

Credo che nulla in sé abbia un valore intrinseco, siamo noi che ne riconosciamo uno. L’atto di selezionare o scartare una foto consiste proprio nell’assegnare o meno qualche valore ad uno scatto fotografico. I criteri di selezione, come ho avuto modo di constatare, sono mutevoli nel tempo, e sono soggetti a grandi influenze che arrivano dall’esterno. Magari negli scarti, che si spera siano meno soggetti a queste influenze, potrebbero esserci una maggiore genuinità ed originalità di altre foto, personalmente credo che questo sia già di per sé un valore.

Credi che i social network — Instagram in primis — condizionino la scelta di scartare o meno una foto? Dopotutto avere continuamente sotto controllo le “metriche”, il successo o meno di un modo di fare fotografia, di una prospettiva, di una composizione, potrebbe togliere ossigeno ai tentativi di sperimentare.

Sicuramente i social network possono condizionare nella scelta, perché si potrebbe invertire la rotta in virtù di “successo” o un “insuccesso” di uno scatto pubblicato sulla piattaforma. È ovvio che questo dipende da fotografo a fotografo, penso sia più importante al ruolo che hanno i social nel veicolare le centinai di immagini che vediamo ogni giorno. Questa assimilazione continua ed inconscia di questa mole enorme di immagini a cui siamo soggetti penso possa avere un peso sulla nostra percezione di cosa è una buona ed una cattiva foto. Le tendenze fotografiche cambiano abbastanza velocemente e penso che ne siamo tutti influenzati e in qualche modo soggiogati. Queste continue influenze, che hanno sicuramente anche un valore positivo, possono limitare la nostra spontaneità col rischio di arrivare a quello che io chiamo “il continuo ripetersi”.

Discarded Photos Project, takeover di Fábio Miguel Roque
Discarded Photos Project, takeover di Alessio Pellicoro
Discarded Photos Project, takeover di Fabrizio Quagliuso
co-fondatore e direttore
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