Frizzifrizzi ha un gruppo Flickr. C’è dal 2007, poco più di dieci anni, e in tutto questo tempo migliaia di fotografi da tutto il mondo hanno pubblicato lì i loro scatti. Attualmente ci sono più di 135.000 foto. Un numero immenso, a cui cerco di star dietro andando a vedere — quasi ogni settimana — tutte le novità, provando ogni volta a costruire una nuova puntata di quella che è la nostra rubrica più silenziosa ma più longeva: Flickr/Week(r).
Nel tempo tanti nuovi fotografi si sono aggiunti, altri se ne sono andati. Ci sono quei nomi fissi, che vedo da anni, che ho imparato a conoscere e ora, pur non avendoli mai incontrati di persona, considero quasi come dei vecchi amici, tanta è la familiarità col loro sguardo sulle cose.
Poi ci sono quelli che spuntano dal nulla, un giorno come tanti, e a cui basta anche una solo foto per farti vivere un’epifania. Vai a guardarti la loro pagina, ti chiedi «dove si erano nascosti fino ad ora?» e di settimana in settimana diventano presenze costanti nella selezione di Flickr/Week(r).

Uno di questi è Marco De Ieso.
L’intelligence di Flickr dice che è entrato nel gruppo a giugno 2016, e da allora ho pubblicato quattro sue opere.
Chiunque si faccia un giro sul suo profilo, difficilmente potrà non accorgersi del talento. È evidente, cristallino.
Marco ha la capacità di raccontare una storia con un solo scatto. Come se fosse un fotogramma di un film, un’istante congelato che però ha già dentro di sé le tracce di quel che è successo prima e gli indizi su cosa accadrà dopo.
Dove si era nascosto Marco De Ieso fino a giugno 2016?
Da nessuna parte. Semplicemente era troppo giovane. De Ieso, infatti, ha 18 anni. Ne aveva 6 quando è nato Frizzifrizzi, 8 quando ho aperto il gruppo Flickr. Ma è come se istinto, tecnica e capacità di sintetizzare la sua visione del mondo e tutto ciò che gli passa per la testa fossero già lì, nell’aria, prima che lui nascesse.
«È nato imparato», direbbe mia nonna. O forse è questione di reincarnazione, chi lo sa?

«La mia vita è influenzata dagli anni ’70/80», mi ha scritto lui qualche giorno fa. «Sento come se fossi nato in quel periodo».
Marco è di Perugia. Ha cominciato a fotografare solo due anni fa, inizialmente in digitale per poi passare all’analogico, e ora usa esclusivamente quello.
Quando gli ho chiesto di raccontarmi un po’ di lui mi ha risposto con una lista di cose: «il sole bollente, la calura estiva, il vento, la bellezza della mia giovinezza, la malinconia, la nuova consapevolezza del uso della pellicola, la Mercedes 500SEC, le prime compatte analogiche, gli odori della casa propria, i vestiti vintage newyorkesi, le fantastiche ragazze giovani come me, le luci della notte, le feste private a casa di Jennifer, i vinili della musica italiana di qualche anno fa e il disco Pinnacles di Khidja, che trascina la mia passione per la musica elettronica».

Quel suo sguardo, quel mondo, il giovane De Ieso li ha portati pure per mare. A bordo di una nave Grimaldi Lines, sulla tratta Roma — Barcellona, si è messo a fotografare con la sua vecchia Canon FTb e un rullino Kodak Portra 400.
Gli scatti, un po’ diario un po’ photo-essay, portano il titolo Io me ne resto qua un po’ lontano da voi…, e anche se i protagonisti sono gli altri passeggeri, sembra quasi un autoritratto.
Lo spirito di molti fotografi, dopotutto, è quello: starsene in disparte; essere, in mezzo alla gente, l’oggetto non identificato. Come tutti quelli che, come spiega Marco, «tra la folla vogliono sentirsi distanti dal mondo, pieno di problemi, che li circonda».



