Riassunto delle puntate precedenti:
– un numero monografico della rivista d’architettura Clog, uscito nel 2013;
– un libro sulle pensiline dei bus dell’era sovietica;
– i kit Lego per architetti;
– i modellini di carta dei palazzi londinesi, parigini ed est-europei;
– la mappa di Parigi;
– persino il libro da colorare.
Questi (e molti altri) sono l’esempio di come il brutalismo, negli ultimi anni, sia al centro del discorso architettonico e urbanistico (ma anche, più in generale, estetico), soprattutto per quanto riguarda il recupero, la ristrutturazione, la conservazione, la riqualificazione degli edifici che possono essere considerati come appartenenti a questa corrente che, forse più di ogni altra, ha diviso gli animi e i giudizi di addetti ai lavori e non. Un esempio su tutti ce l’abbiamo “in casa”, a Milano, e si tratta della Torre Velasca, che l’anarchico protagonista de La vita agra di Bianciardi — cioè Bianciardi stesso — definiva il torracchione di vetro e cemento e che voleva far saltare con tutte le umane relazioni che ci stanno dentro.
Proprio la Torre Velasca, realizzata nel ’58 dallo Studio BBPR (formato dagli architetti Gian Luigi Banfi, Lodovico Barbiano di Belgiojoso, Enrico Peressutti ed Ernesto Nathan Rogers), è tra gli edifici protagonisti di quest’ennesimo omaggio al brutalismo, Concrete Feats, piccolo progetto di una compagnia di assicurazioni inglese, che ha commissionato alla designer e illustratrice spagnola Marta Colmenero i “ritratti” di alcune tra le migliori perle del brutalismo.








