Con le sue cinque sedi a Londra, New York, San Francisco, Austin e Berlino, Pentagram è considerato da molti (compresi quelli della concorrenza) come il più importante studio creativo indipendente al mondo—è sempre un po’ assurdo fare una classifica, in questi, casi, ma dopotutto dove c’è Michael Bierut c’è del genio.
Da Pentagram soci e dipendenti portano avanti svariati progetti anche nel tempo libero, ricevendo poi il supporto della “casa madre” a livello di comunicazione e promozione (proprio come i loro colleghi di KesselsKramer di cui ho parlato ieri) e talvolta finendo direttamente tra i Pentagram Papers, la serie di pubblicazioni che regolarmente vengono date alle stampe dallo studio.

L’ultimo paper, il numero 44, s’intitola Overlooked—termine dai tanti significati, molti dei quali perfetti per il contenuto in questione: trascurare, ispezionare, guardare dall’alto—ed è il primo realizzato da Marina Willer, inglese, graphic designer e filmmaker, già a capo della direzione creativa di un’altra agenzia d’eccellenza, Wolff Olins, e dal 2012 tra i soci di Pentagram.
Per realizzarlo, lei e la sua piccola squadra di lavoro sono andati per le strade di Londra a prendere il calco a svariati tombini, realizzando una sorta di mappa della città attraverso i motivi e le scritte di ciascuno, in qualche modo raccontandone la storia, e pubblicando poi il tutto in un libro che raccoglie le impronte di 22 tombini, stampate poi a colori fluo su fogli A1 e accompagnate da un librino allegato che spiega il progetto.
Aver preso i calchi—spiegano sul blog di Pentagram—è un omaggio al metodo che utilizzavano i cristiani del diciannovesimo secolo per realizzare immagini dettagliate degli oggetti religiosi. Mentre i colori superflash servono a ribaltare la solita percezione dei tombini—pesanti, immobili, industriali—e a tirarne fuori il lato decorativo.