Di scimmie e gelato al cioccolato

Davide Calì lo conosco, prima virtualmente poi dall’estate scorsa di persona, dal marzo del 2012, quando ha contattato Frizzifrizzi proponendoci di pubblicare le sue 10 buone ragioni per non fare l’illustratore, evidente risposta in negativo alla Guida intergalattica per giovani illustratori che qualche tempo prima ci aveva gentilmente concesso Alessandro “Shout” Gottardo.
Da lì in poi è iniziata una collaborazione che ha portato Davide, autore e professionista riconosciuto nell’ambito dell’editoria per l’infanzia, a scrivere per il nostro sito 53 pezzi tra reportage, guide, strisce a fumetti. Suo il post che nella storia di Frizzifrizzi ha avuto più letture e più likes, l’opinabile metro di giudizio di una società (volenti o nolenti) “social” come la nostra: era l’ottobre del 2012, l’articolo si intitolava Non è stato previsto un budget ed era un divertente quanto impietoso, polemico, per alcuni sicuramente fastidioso mondo del lavoro creativo a costo zero.
Lì Davide faceva anche alcuni pessimi esempi, senza citare nomi ma assicurandosi che i diretti interessati potessero comunque riconoscersi nella descrizione. A quanto pare qualcuno, privatamente, gli ha poi scritto per chiarire la questione.

Da allora, ogni volta che alla mail [email protected] arrivava una mail firmata Davide Calì, in redazione (che non è una redazione ma casa mia e di Ethel, i 2/3 dei fondatori del sito), subito curiosi andavamo ad aprire il messaggio per capire quale sarebbe stata la nuova polemica o cosa aveva partorito la sua penna, frutto di una grafomania che non è certo difficile tacciare di egocentrismo (da che pulpito…), voluta stronzaggine, calcolata vis polemica ed un tocco di misoginia che gli ha già attirato addosso diverse critiche.

Calì è così, prendere o lasciare. Diversi, privatamente o pubblicamente, hanno lasciato. Molti hanno preso.
Poi qualche giorno fa arriva l’ennesimo post. Lo leggiamo, rimaniamo allibiti, ci chiediamo per un momento se quella che c’è appena passata davanti agli occhi sia una storia—ipotetica, inventata—o la cronaca, dal suo punto di vista “davidecaliano”, di qualcosa che gli è capitato davvero. E decidiamo di pubblicarla. La prima parte del titolo: Storie della buonanotte 1, stava chiaramente a significare che quella era solo la prima di una serie di puntate sul mondo dell’editoria. O meglio di uno spaccato impietoso sul mondo dell’editoria.

L’articolo, dove si parla di un “libro maledetto” e dove non viene citato il nome di un illustratore con cui Davide ha lavorato per il libro, ma nel quale l’illustratore in questione si sarebbe riconosciuto immediatamente, come in passato le altre “vittime” della sua grafomania—non è per niente tenero. E tocca questioni sensibili—in diverse misure, per l’illustratore sicuramente il mattone più pesante—per chi ha avuto a che fare con il progetto in questione.
Ma abbiamo deciso di pubblicarlo lo stesso, e sotto alla sezione “editoriali”, perché di quello a nostro parere si trattava. Di un editoriale molto, molto crudo su un mondo spesso dipinto come idilliaco com’è quello dell’illustrazione, chiuso ed autoreferenziale come lo sono quasi tutti i settori, compreso il nostro.

Dopo qualche ora dall’uscita, ieri sera, l’illustratore è uscito allo scoperto e ha postato sul suo profilo facebook, taggando anche me, l’articolo di Davide, mostrandosi giustamente offeso ma dichiarando di non voler fare polemiche (e l’artista in questione, per quanto poco io lo conosca, è sicuramente sia un ottimo professionista che una persona seria e ha dimostrato un self-control fuori dall’ordinario, un vero signore). Chiedendomi però di rimuovere le parti sensibili dall’articolo.
La mia risposta è stata che sì, potevo capire la rabbia—e il dolore non sarei neppure riuscito ad immaginarlo—ma che però di rimuovere parti del testo non se ne parlava.
Non credo sia giusto rimuovere il testo o un articolo, nonostante io sia di fatto il caporedattore/”editore” di questo sito. Se qualcosa doveva essere tolto o rimosso quella decisione doveva essere presa dall’autore del pezzo, quindi Davide, che è stato immediatamente contattato e a cui è stata segnalata tutta la discussione che man mano prendeva vita su facebook.

In tale discussione—e nei commenti al post qui sul sito—ovviamente si è parlato molto di Davide Calì, e si è parlato molto di Frizzifrizzi. In entrambi i casi perlopiù male. Qualcuno mi ha scritto in privato. In tantissimi avranno scritto direttamente a Davide.
Ovviamente, com’era lecito aspettarsi, sono state fatte critiche, accuse e sono pure state avanzate tesi interessanti.
Ci tengo, per rispetto di tutti gli “attori” che hanno partecipato alla vicenda, a fare chiarezza nella massima trasparenza alle questioni a cui è possibile rispondere (le considerazioni pure e semplici tipo “ridicoli, fate gossip, vi siete sputtanati” ecc. sono appunto considerazioni e non le condivido ma le rispetto), consapevole che su quelle che sono le mie motivazioni e convinzioni molti potranno non essere d’accordo.

1) per raccontare una storia che coinvolge più persone bisogna assicurarsi di avere entrambi le versioni per essere “imparziali e professionali”, ma prima di tutto, accertarsi di chi si parli con nomi e cognomi.

Se si tratta di una storia che va a toccare aspetti penali, contrattuali, possibili diffamazioni, allora sì, sono d’accordo. Avremmo dovuto sentire prima tutte le parti in causa. Ma in questo caso quelle espresse da Davide Calì erano opinioni. Crude e, per chi si è riconosciuto nell’articolo, offensive. Ma opinioni.
Ogni giorno sui quotidiani vengono pubblicati editoriali e lettere dai toni anche molto duri, che spesso vanno sul personale, e questo non significa che quello sia il pensiero di chi il quotidiano lo dirige. A chi è attaccato si garantisce diritto di replica e questo noi, qua sul sito e su facebook dove infuriava la discussione, l’abbiamo più volte ripetuto: nei commenti o, per chi volesse, con un post, lo spazio l’abbiamo offerto.

2) egregio signor Sbarbati, mi dica: e che cosa potrebbe scrivere il povero illustratore in un articolo di replica? Questo spazio che lei mette così graziosamente a disposizione di che cosa potrebbe mai essere riempito? Forse solo di quel dolore che, giustamente, l’illustratore vorrebbe fosse mantenuto in un ambito strettamente privato. Lei si nasconde dietro un dito e sventola la libertà di opinione e libertà di stampa come specchietti per le allodole, per confondere le acque e non assumersi una responsabilità che, nel momento in cui scrive “editoriale” in testa a un articolo, si assume, qualificando le opinioni che contiene come “linea della testata”. La cosa che mi dispiace è che tutto questo stia dando una visibilità eccessiva a testi e spazi che ne meriterebbero poca o punto.

Continuo a difendere e continuerò a farlo fino alla fine la scelta di pubblicare il pezzo, che è un punto di vista, seppur fastidioso, su una vicenda.
Riporto quanto ho già scritto in un commento. Per me risponde alla questione posta. Per chi ha scritto quanto sopra sicuramente no e potremmo andare avanti all’infinito: la decisione di rimuovere le parti di testo spetta a Davide. Io non rimuovo nulla. Ovviamente accetto che non si sia d’accordo sulla mia opinione. Come io sono d’accordo sul merito di quanto ha chiesto l’illustratore ma non sul metodo. Togliere parti di un articolo non è nel nostro modus operandi. Le mie opinioni sono quelle firmate col mio nome e cognome. Quelle di Davide sono le sue ecc. Da “direttore” del sito però credo fermamente nel diritto di Davide—e di chiunque altro collabori, abbia collaborato o collaborerà in futuro con noi—di esprimerle e di “lanciare le bombe” che vuole, col rischio—come in questo caso—che esplodano in mano a chi le ha lanciate, soprattutto perché, vista dall’esterno, in chi non conosce o si riconosce, è sì una brutta storia (da tutti i punti di vista) ma rimane comunque un modo (seppur non condiviso da molti) di raccontare un settore.

3) a me questo post non sembra un racconto di fatti, se fosse così tutta la parte dove descrive come lavora l’illustratore che c’entra? Tralasciando ovviamente tutta la parte assolutamente personale.

In ogni racconto c’è un punto di vista. E questo era il punto di vista di Davide, condivisibile o meno.
Io nel pezzo di Davide ho letto soprattutto una feroce critica al mondo dell’editoria, che non ti consente di fermarti un minuto pure quando qualcosa di molto più importante ti si para terribilmente davanti. È, come ho già avuto modo di scrivere, un caso limite di come un lavoro può andar male anche se l’illustratore è bravissimo, la storia ottima e l’editore disponibile.
Ma i piani di lettura sono molteplici. Ne ho proposti alcuni, tutti condivisibili:
– togliersi il proverbiale sassolino;
– regolare conti privati pubblicamente;
– pigiare l’acceleratore del suo ego in sprezzo degli altri che hanno lavorato con lui;
– lanciare un bomba che sapeva già che sarebbe esplosa in maniera fragorosa in un mondo bellissimo ma comunque chiuso (come tutti, del resto) come quello dell’illustrazione;
– perché è inguaribilmente malvagio.
Ne aggiungo uno, che è spuntato fuori nella discussione solo in un secondo momento, e che approfondirò dopo:
– per farsi pubblicità.

4) non credo fosse necessario questo articolo, non è una critica lucida sul mondo dell’editoria, finché si parla di un argomento snocciolandocelo con fattarelli personali amen, poco interessante ma niente di male. In questo caso però ha tirato in ballo cose, così fuori luogo, da risultare stonatissime e di cattivo gusto.

In passato, e con lo stesso stile caustico, Davide ha sparato su svariate persone/categorie professionali senza che si sollevassero sommosse popolari.
Ciò detto, io stesso, fossi stato chiamato in causa in questo modo, mi sarei “arrabbiato” (ed è solo un eufemismo) più che mai, avrei chiamato Davide, lo avrei riempito di insulti e poi avrei chiesto a Frizzifrizzi di pubblicare una replica impietosa su di lui e sul suo lavoro. Ma la soluzione di togliere delle parti all’articolo non mi sembra—in questo caso né mai—quella giusta.
In quanto al non necessario, questo ovviamente è opinabile.

5) nessuno ti sta chiedendo di fare censura; stanno tutti chiedendo di non usare le sofferenze delle persone per motivi di visibilità.

Non pretendo che chi è convinto del contrario ora cambi idea ma da queste parti non si cerca mai la “visibilità facile” e questo mi pare che in quasi sette anni di lavoro lo abbiamo dimostrato abbondantemente. Che poi non si condivida tutto quello che pubblichiamo è ovvio, anzi auspicabile. Non credo esista alcuno tra noi che Frizzifrizzi lo facciamo che condivida TUTTO ciò che è passato su queste pagine. Sarebbe da malati di mente.

6) i problemi lavorativi con una persona si risolvono in privato… Francamente la spettacolarizzazione di qualunque cosa in Italia sta raggiungendo vette inesplorate.

Qua sono parzialmente d’accordo. Credo anche io che Davide avrebbe innanzitutto dovuto contattare in privato l’illustratore e risolverla così. Sarebbe stata una bella occasione per evitare di tirarsi addosso un mare di critiche (ma per quel poco che lo conosco credo che il fatto che si parli di lui, seppure male, gli faccia piacere) e perdendo però quella di raccontare a modo suo un retroscena.

7) Simone perdonami ma credo che solo tu non sapessi di chi si parlava, visto che quasi tutti quelli che hanno letto l’articolo lo hanno capito subito.

Non sono d’accordo. Lo sapevano solo quelli che conoscevano i rispettivi attori della questione, ma la maggioranza dei nostri lettori no.

8) molte persone intelligenti stanno commentando direttamente sulla pagina ma il silenzio dell’autore stesso è per me assordante.

Vero. Dopo aver segnalato a Davide Calì le reazioni al suo post lui si è fatto attendere. Poi ci inviato una seconda puntata, che abbiamo immediatamente pubblicato, sia sulla timeline facebook dove intanto infuriavano i commenti, sia qua sul sito: Favole della buonanotte 2: cosa succede quando i libri non escono?.
Post che ha risposto principalmente a questioni arrivate a Davide in privato ma non a tutte le accuse mosse dai lettori.
Qualcuno, su facebook, ha molto efficacemente scritto: “Ottima replica! Ora con il fiume di puntuali delucidazioni, tutto è più chiaro sugli intenti del primo articolo.” E poi ha pubblicato questo video ;)

9) leggendo l’unica cosa che rimane chiara è che tutta questa seconda parte di articolo poteva funzionare benissimo anche da sola, senza la prima, nella quale i toni sono piuttosto diversi e molto più precisi nelle descrizioni.
Questa cosa che “non si può criticare gli illustratori” non è la prima volta che la leggo, mi sembra che si possa fare e lo si faccia già, ma non mi sembra sia questo il problema in questa situazione, mia mamma me lo ripete dall’asilo con scarsi risultati: “puoi avere tutte le ragioni del mondo, ma se lo dici nel modo sbagliato, nessuno le ascolterà”.

Assolutamente d’accordo.

10) il mio parere è che l’autore dell’articolo dovrebbe, al più presto, scusarsi con l’illustratore, e la rivista con i suoi lettori, ammesso che ne abbia ancora.
E un altro commento: senza arrampicarsi sugli specchi a cercare ragioni inesistenti, su un atteggiamento incomprensibile, ma oggettivamente denigratorio, basterebbe un abbiamo sbagliato, anche Fonzie ci riuscì a pronunciarlo. Che non servirà di certo a sistemare i “cocci” ormai in frantumi. ma renderebbe questo mondo, un po meno cinico e molto ma molto più umano.

Calì procederà come vorrà. Per quanto riguarda noi, avere parere opposto a molti tuoi lettori non significa dover chiedere scusa. Quando ci siamo sentiti in dovere di farlo l’abbiamo sempre fatto (ad ogni modo la battuta su Fonzie è stata molto apprezzata) ma in questo caso sono ancora fermamente convinto che l’articolo—che di sicuro avrebbe potuto essere scritto in modo molto diverso, come tanti altri articoli dopotutto—andava comunque pubblicato. Rimane l’enorme dispiacere per chi è stato toccato sul vivo e, sì, la questione avrebbe potuto risolversi in modo diverso ma non, per quanto mi riguarda, togliendo il post o modificandolo da parte nostra.

11) ma guarda caso tutto sto polverone nei giorni dell’uscita del libro…

Su Facebook e nei commenti di Frizzifrizzi ad un certo punto esce fuori la notizia che il libro è uscito proprio in questi giorni.
La cosa sorprende anche me. Molti insinuano che si tratti di una mossa pubblicitaria. Viene il dubbio anche a me. Calì ci ha usati così?
Fino a prova contraria mi fido. Contattiamo Davide e gli chiediamo lumi. Lui risponde: “mossa pubblicitaria??? Ossignur! La gente ha veramente fantasia…”.
Come ho detto, fino a prova contraria mi fido. Ma se per quanto è stato detto e scritto sopra rimango fermamente sulle mie posizioni—che si possono non condividere, lo ribadisco—questo è l’unico caso in tutta la questione sul quale, se fosse vero, mi sento di chiedere scusa. Per l’ingenuità.

Un messaggio

Frizzifrizzi è sempre stato e sempre rimarrà gratuito. Si tratta di un progetto realizzato ogni giorno con amore e con impegno. La volontà è di continuare a farlo cercando di tenere al minimo la pubblicità. Per questo ti chiediamo una mano — se vorrai — con una piccola donazione. Potrai farla su PayPal.

GRAZIE DI CUORE.