Issues | Players Magazine

Players è un magazine fatto da geeks per geeks. Resta ora da chiarire il significato di questo termine, troppo spesso considerato sinonimo di nerd (e a volte, quando è usato in senso dispregiativo, in effetti lo è).
Le definizioni sono molte: in genere per geek si intende una sorta di infoiato per le tecnologie ma giustamente Wikipedia precisa che si può essere geek pure di fumetti, di musica, di sport. L’unica certezza è che quando incontri un geek di solito lo riconosci. A pelle. Le probabilità che tu abbia un amico geek su facebook è alta. Su twitter altissima.
Ma forse la definizione migliore la dà l’Urban Dictionary che scrive: the people you pick on in high school and wind up working for as an adult. Cioè: quelli che prendi di mira al liceo e per i quali, da adulto, finisci poi a lavorarci alle dipendenze.

Ma quelli di Players si definiscono vagamente geek. Dunque non sono passati dall’essere vittime del bullismo ad arroganti datori di lavoro, anche perché il loro magazine è fondamentalmente il prodotto di cuore, neuroni e bit, con una redazione che lavora duramente ma gratuitamente e solo grazie ad uno sponsor riesce a rientrare delle spese e a realizzare quella che è la versione indipendente ed alternativa dei tanti magazines su tecnologia ed affini – tipo Wired, Jack e tanti altri – che arrivano in edicola; magazines nei quali gran parte dei giornalisti e dei collaboratori di Players hanno lavorato o continuano a lavorare.

Players però non esce in edicola ma online. Multi-formato, in modo da poter essere sfogliata online o scaricata gratuitamente su tablet (l’archivo completo è a disposizione). Ma grazie alla stampa on demand è pure possibile farsene arrivare a casa una copia cartacea che “costa quanto costa”, nel senso che la rivista non fa alcun ricarico su quello che è il prezzo stabilito dal service di stampa (altro indizio sul buon cuore di questi vaghi geek).

Contrariamente a quanto si potrebbe pensare dal titolo e dalla grafica non si tratta di un periodico prettamente legato al mondo dei videogames.
Dentro ad ogni numero c’è tutto quello che riguarda il mondo dell’entertainment: cinema, arte, letteratura ed appunto videogiochi. Argomenti trattati da un punto di vista obliquo (che si apre dunque su scenari molto più ampi di quelli mostrati dalle techno-riviste che mettono in copertina un gadget elettronico ed un paio di tette) e con una scelta di argomenti mai scontata.

Per fare un esempio sull’ultimo numero si parla, tra le altre cose, del declino della produzione culturale italiana, di un regista dimenticato come Samuel Fuller, del genio sociopatico di Michael Haneke, di Mr. John “The Breakfast Club” Hughes, di Norman Mailer, dei flussi e dei processi dei social, delle icone cripto-gay dei videogames di guerra e dell’indie horror nei videogiochi.

Un messaggio

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