Save the date | Le parole e le immagini della moda

In quanto giovani (ma pure meno-giovani, a volte eterni-giovani, spesso semplicemente affetti da giovanilismo: parlo di noi, emergenti ad infinitum dal grande mare della rete, blogger, designers, scribacchini, primedonne e bastiancontrari, sempre a un passo dall’affogare e con l’illusione, di tanto in tanto, di poter spiccare il grande salto, proiettati verso il sole con chili di crema protettiva spalmata addosso per proteggerci dalle scottature) ci lamentiamo della scarsa attenzione nei nostri confronti da parte del Sistema. Il famigerato, corrotto, decadente, marcescente Sistema. Prima lanciamo frecce avvelenate contro il mainstream e poi, piagnucolose cicale, ci lagniamo del non esser presi in considerazione dai luminosi dèi che affollano un Olimpo, su, tra le nuvole, che dall’agitata alta marea là in basso appare tanto autoreferenziale quanto irraggiungibile.

Il Sistema in questione è quello della Moda. Ma al posto di quelle due sillabe che fanno fatturare miliardi, riempiono gli armadi, le bocche e le pagine delle riviste, svuotano i portafogli e talvolta i cervelli, fanno il pieno ai super-ego e dissanguano gli stagisti, e danno lavoro a migliaia di strateghi del marketing, guru della comunicazione, buyer leggendari, showroom profumati di santità, pr con più vite di un videogame craccato… al posto di quelle due sillabe – Mo-Da, dal latino modus, misura, maniera – potrebbe esserci di tutto: Politica, Religione, Arte.

E noi (giovani, falsi-giovani, ecc.) che facciamo? Prima ci sputiamo sopra e poi pretendiamo un’accoglienza a braccia aperte. Senza capire che la libertà (magari rinunciando ad introiti che consentano di andarsene a NY quattro o cinque volte all’anno e scrivere tra NY e Milano sul profilo twitter) sta al di fuori del Sistema. Ma che con il Sistema bisogna dialogarci. Sempre. Però da fuori, se ti piace tanto sputare e vuoi continuare a farlo. E pure se non ti senti un lama ma di tanto in tanto la soddisfazione di una bella pernacchia vuoi togliertela senza pesi sulla coscienza. Lo so, sono un ingenuo (e se l’hai capito ora non stai messo molto meglio).

L’articolo di due giorni fa su Anna Dello Russo era dialogo. L’ormai famosa Lettera del Giovane Designer era dialogo. O meglio, metà di un dialogo. L’altra metà (e nel caso della Lettera so per certo che sia arrivata sulle scrivanie giuste), come si dice, non pervenuta. Dev’essersi bloccata da qualche parte.

Si fa un gran parlare di conversazione al giorno d’oggi. Più precisamente marketing della conversazione: «un marchio deve stimolare la conversazione attorno a sé stesso attraverso i social». È vero. La conversazione è fondamentale: tra brand e consumatore, tra brand e brand, tra brand e media, tra media e pubblico e tra media e media. Però a furia di citare formule matematiche e a snocciolar rivelazioni da manuale che trovi in offerta a 2,99€ da Feltrinelli non sembra poi così fondamentale che la conversazione sia sensata. L’importante è che ci sia, magari vuota, inutile, ripetitiva. L’importante è parlare. Pure di niente.

Per fortuna c’è chi nel Sistema è una figura a sé, che tiene le orecchie sempre ben aperte per ascoltare tutto, soprattutto quel che vien da fuori, e continua a misurare, ad esplorare, a studiare quel che accade tra le nuvole dell’Olimpo e buttarsi in volo, giù, fin sopra al pelo dell’acqua, a parlar coi naufragati, a censire gli affogati, a tendere una mano agli emergenti con quella scintilla in più negli occhi. E ad instaurare dialoghi, conversazioni sensate e a doppio senso, tanto dense quanto utili al contempo a chi parla ed a chi ascolta.

Tra queste (rare) figure prometeiche – anche se oggi il sinonimo più calzante è quello di hacker culturale – c’è Maria Luisa Frisa, direttore del Corso di Design della moda all’Università IUAV di Venezia, curatrice, scrittrice, critica di Moda, che venerdì prossimo a Torino, nell’ambito di Voce del verbo Moda, una sette giorni di dialoghi, lezioni ed eventi dedicati alla Moda ed organizzata dal Circolo dei Lettori, parlerà di due cose importanti, fondamentali: parole ed immagini.
E ti consiglio di esser lì per ascoltarla.

Quando la moda diventa di carta non è solo questione di cartamodelli. Sono anche le immagini e le parole. La moda deve raccontare i suoi mondi, deve evocare diversi stili di vita. Deve plasmare la quotidianità della nostra vita.
Le immagini dei fotografi, le parole di giornalisti e scrittori danno un nome alle forme in cui la moda si manifesta e la diffondono facendola entrare nel nostro lessico.
Immagini e parole sono un dispositivo potente per la messa in scena dei paesaggi e degli immaginari della moda; disegnano traiettorie sempre nuove che ci conducono, sempre curiosi, a esplorare le geografie degli stili.
L’intervento di Maria Luisa Frisa partirà dalle scritture asciutte ed evocative di giornaliste di moda come Irene Brin per arrivare e attraverso autrici fondamentali Gianna Manzini, Natalia Aspesi, Maria Pezzi, Brunella Gasperini, Anna Piaggi arriverà alle scritture di moda della contemporaneità, quelle più innovative dei blogger che dalla velocità e dalla libertà hanno ricavato una cifra stilistica precisa che permette a tutti di essere informati in tempo reale delle novità e delle storie della moda.
O ancora racconterà vicende dimenticate come le copertine  della rivista Arianna con Rosanna Armani, sorella di Giorgio, prima ragazza copertina di Arianna, e poi importante fashion editor di riviste come Grazia e Playboy, a quel tempo diretto da Oreste del Buono.
Insieme le immagini: la fotografia di moda, con autori come Oliviero Toscani o Paolo Roversi fino a Mario Sorrenti, è sempre restituzione complessa del tempo che attraversa. Come la moda è sempre presente, capace di tenere insieme in uno stesso momento quel passato sempre in movimento e quel presente sempre in fuga in avanti.

QUANDO: 19 ottobre 2012 | 18,30
DOVE: Sala Musica @ Circolo dei Lettori | via Bogino 9, Torino | mappa

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