La celebre madeleine di Proust; gli avanzi di cibo in decomposizione che Gregor Samsa, ormai mutato in insetto, mangia con gusto ne La metamorfosi di Kafka; i “tre pasti al giorno di farinata leggera, con una cipolla due volte a settimana, e mezzo panino la domenica” del povero Oliver Twist di Dickens (anche se qualche dietologo pediatrico sostiene che fossero più che sufficienti); il quasi mitico boeuf en daube (stufato di manzo) descritto da Virginia Woolf in Gita al faro: «[…] e un delicato aroma di olive, olio e sugo si levò dalla enorme terracotta quando Marthe, con una certa ostentazione, tolse il coperchio. La cuoca aveva lavorato tre giorni a quel piatto. Ora devo fare molta attenzione, pensò la signora Ramsay, affondando nella massa di carne soffice, e scegliere un pezzo particolarmente tenero per William Bankes. Scrutò nel fondo della zuppiera, con le sue lucide pareti e la mescolanza di saporite carni scure e bianche, e le foglie d’alloro e il vino […]».
E ancora: l’Ulisse di Joyce, Moby Dick, Pippi Calzelunghe, Jane Eyre, I miserabili di Hugo… Il fotografo francese Charles Roux si è messo a ricreare in maniera certosina alcuni tra i più celebri pasti nella storia della letteratura per poi fotografarli con una luce che evocasse l’immaginario dei rispettivi romanzi.
Il risultato è Fictitious Feasts, progetto fotografico (in cerca di editore) molto affascinante anche se non proprio originalissimo — un paio di anni fa, ad esempio, uscì un libro assai simile, Fictitious Dishes, ma molto meno intrigante dal punto di vista estetico.