“Back to purity, back to simplicity”
Dieter Rams
Sei anni all’insegna della semplificazione. Sei anni passati a celebrare chi — dal design alla moda — combatte strenuamente la sua battaglia contro il superfluo e a colpi d’accetta (metaforica, s’intende, perlomeno il più delle volte) toglie, toglie, toglie, fino a raggiungere lo scheletro, l’essenza, che nella “mistica” del progettista equivale alla purezza.
Back to purity, back to simplicity, diceva Dieter Rams. E il designer scozzese Carl MH Barenbrug ha passato questi sei anni — da quando cioè ha fondato il magazine online Minimalissimo — a diffondere il “verbo”, dirigendo quella che in breve è diventata una delle fonti di notizie più frequentate dai seguaci della religione del less is more.
In rete dal 2009, Minimalissimo di recente è stato protagonista di tutta una serie di novità: prima (ad agosto) un rebranding, con un nuovo logo — ovviamente ancora più semplificato del precedente — realizzato dal giovane designer italiano Alessandro Scarpellini; poi un nuovo sito, all’insegna del bianco e del vuoto; e ora anche un’incursione nel mondo delle riviste tradizionali, con un magazine che raccoglie e amplia i contenuti e lo spirito del sito.
Finanziato attraverso una campagna di crowdfunding (ancora in corso su Kickstarter), Minimalissimo Magazine si focalizzerà su design, architettura, arte e moda attraverso pezzi lunghi e interviste ai protagonisti dell’estetica minimal, dai grandi maestri alle giovani leve.
Il primo numero, che dovrebbe uscire il prossimo ottobre, vedrà come protagonisti, tra gli altri, lo studio norvegese Norm Architects, il fashion designer Rad Hourani, il direttore di Vitsœ, Mark Adams, e l’artista svizzero Zimoun, in quello che dalle prime immagini della rivista appare come un tripudio di bianco, nero, grigio, forme pure, strutture ridotte all’osso.
(Unica nota di “colore”: Carl MH Barenbrug, il fondatore, è interista).