La fotografia indaga il rapporto tra uomini e macchine nella terza edizione dei PhMuseum Days

Basta passare anche soltanto una giornata online per trovarsi di fronte a innumerevoli immagini che mettono alla prova ciò che sappiamo e ciò che crediamo possibile, plausibile, attendibile, verosimile.
Con l’avvento del digitale e delle sempre più sofisticate (e al contempo accessibili) tecnologie di produzione delle immagini, la fotografia ha perduto il suo status di “certificato di realtà” — o meglio, come diceva Barthes nel suo celeberrimo saggio La camera chiara, “certificato di presenza”. Un tempo si poteva avere la quasi totale certezza che ciò che vedevamo in una foto fosse effettivamente stato, in una dato momento e in un dato luogo, davanti a un obiettivo (certo, c’erano i fotomontaggi, ma quelli davvero credibili erano rarità prodotte da mani abilissime). Quel volto, quel panorama, quello scenario di guerra erano effettivamente esistiti, lo sguardo di qualcuno li aveva selezionati e, per mezzo di un apparecchio fotografico, registrati su un supporto fotosensibile.
Ormai da anni quella certezza vacilla sempre più, e il “non credere ai propri occhi” è diventato uno stato d’animo quotidiano e collettivo, addirittura necessario per non cadere vittime di chi guadagna o costruisce consenso proprio grazie alla manipolazione della realtà. Quel volto potrebbe non esserci mai stato sulla faccia della terra; quello scenario di guerra essere uscito da un videogame; quel panorama essere stato “inventato” da un’Intelligenza Artificiale sulla base di milioni di panorami (a loro volta non necessariamente tutti reali) dati “in pasto” a un software.

COSA
I Don’t Know How To Respond To That
PhMuseum Days 2023
QUANDO
22 settembre – 1º ottobre 2023
DOVE
Spazio Bianco @ DumBO | via Camillo Casarini 19, Bologna (+ altri spazi della città
LINK
phmuseumdays.it

Proprio la cosiddetta AI ha complicato ulteriormente le cose, ed è la fotografia, più delle altri arti — forse in virtù del suo “vecchio” rapporto privilegiato con il reale —, che si è presa in carico il compito di indagare, soprattutto ponendo domande su questioni come la percezione e la definizione di cosa è reale, sul rapporto tra immagini e linguaggio, sui meccanismi mentali che stanno dietro alla “lettura” di un’immagine, sul dialogo tra macchine e esseri umani, sui confini tra tecnologia e natura, sul concetto e la funzione del corpo, su come ci rapportiamo ai sistemi tecnologici che ci sorvegliano, sugli umanissimi pregiudizi che un software può perpetuare, sul senso ultimo della comunicazione e, ovviamente, sul ruolo delle nuove tecnologie nella catastrofe ambientale in cui ci troviamo a vivere.

Tutto questo — e molto altro — è al centro della nuova edizione del festival internazionale di fotografia PhMuseum Days, che inaugurerà domani a Bologna presso lo Spazio Bianco di DumBO e in altri luoghi della città, organizzato da PhMuseum, piattaforma dedicata alla fotografia contemporanea nata nel 2012 dall’idea del curatore e filmmaker bolognese Giuseppe Oliverio, e dal 2020 anche luogo fisico, sede di mostre, laboratori e corsi.

Il festival, giunto alla terza edizione, è ormai un momento fondamentale nell’attività di questa bella realtà bolognese dal respiro internazionale, che per l’evento — dal titolo I Don’t Know How To Respond To That, che è «la risposta che gli assistenti virtuali come Apple Siri danno quando non riescono a trovare una soluzione alle nostre richieste», spiegano gli organizzatori — presenterà ben 13 mostre (più due collettive e una proiezione dei lavori selezionati attraverso una call) di autrici e autori tra i più interessanti da tutto il mondo.
Alle esposizioni si aggiungono poi workshop, incontri, presentazioni, visite guidate con fotografe e fotografi e un Photobook Hub dedicato all’editoria fotografica indipendente.
«L’obiettivo della nuova edizione» dicono da PhMuseum «è avviare una riflessione sul dialogo tra gli esseri umani e le macchine, sull’evoluzione del linguaggio in senso lato e su alcune questioni ambientali che, nonostante la tecnologia, ancora non trovano una soluzione».

Di seguito una piccola preview delle mostre.


Known and Strange Things Pass

di Andy Sewell

Attraverso fotografie scattate sulle due sponde dell’Atlantico, in luoghi dove passa gran parte della cablatura di Internet, Known and Strange Things Pass riflette sul profondo e complesso intreccio tra tecnologia e vita quotidiana.

Andy Sewell (Regno Unito, 1978) è un fotografo britannico di base a Londra. Le sue opere esplorano la permeabilità dei confini. Nel corso della sua carriera ha pubblicato tre libri: The Heath (2011); Something like a Nest (2014) e Known and Strange Things Pass (2020). Il primo libro, The Heath, ha vinto l’International Photobook Award ed è incluso in The Photobook: A History Vol. III edito da Martin Parr. Il suo lavoro si trova in collezioni private e pubbliche tra cui il V&A Museum, Fondazione MAST, The Museum of London, Columbia University Art Collection, Eric Franck Collection, The Hyman Collection e National Media Museum.


Another Online Pervert

di Brea Souders

L’artista e una chatbot intraprendono un dialogo in tempo reale. Che possibilità hanno un essere umano e una macchina di imparare l’uno dall’altra e di creare una storia condivisa?

Brea Souders (Stati Uniti, 1978) lavora con la fotografia, il testo, la pittura e il collage, nell’intersezione tra fenomeni digitali e oggetti fisici. Il suo lavoro esplora domande relative al corpo, la tecnologia, la cultura online, l’autobiografia e il mondo naturale. Il lavoro di Souders è stato soggetto di mostre personali a livello internazionale presso la Baxter St, Bruce Silverstein Gallery e Abrons Arts Center di New York (US), il Centre Photographique Rouen Normandie (FR) e la Peel Art Gallery, Museum and Archives (CA). Ha ricevuto il Pollock-Krasner Foundation Grant, la Baxter St. Workspace Residency e una Fellowship con il National Arts Club. È autrice dei libri Another Online Pervert (MACK, 2023) e Brea Souders: eleven years (Saint Lucy Books, 2021). Vive e lavora a Brooklyn, New York.


RAM_4.0

di Sara Bastai

Quali sono i limiti dell’Intelligenza Artificiale nell’interpretare la memoria di un essere umano? Stimolando un programma che legge le immagini, RAM_4.0 specula sul pensiero di un algoritmo e riflette su problematiche legate alla privacy e alla rappresentazione.

Sara Bastai (Portogallo, 1996) è un’artista multidisciplinare che vive tra Porto e Losanna, dove lavora a progetti personali e su commissione, integrando fotografia, graphic design e direzione artistica. La sua ricerca si concentra sulla creazione di narrazioni visive e progetti concettuali che esplorano i temi della memoria, dell’archivio digitale, della tecnologia e dei comportamenti umani.


Security Questions

di Daniel Everett

Partendo dalle domande di sicurezza con cui gli algoritmi verificano la nostra identità per proteggere gli account online, Security Questions riflette sulla distanza che divide noi esseri umani dai sistemi tecnologici che ci osservano, ci studiano, e ci valutano.

Brea Daniel Everett (USA, 1980), artista e professore, vive a Provo, Utah. Laureato alla School of the Art Institute di Chicago nel 2009, ha esposto in Europa, Nord America ed Asia, con mostre collettive presso la Biennale di Architettura di Chicago, Today Art Museum a Pechino, Kunsthal Charlottenborg a Copenhagen, L’Atelier Néerlandais a Parigi, e Luis Adelantado a Mexico City, e mostre personali all’Utah Museum of Contemporary Art, al Museum of Contemporary Art Chicago, e all’Utah Museum of Fine Arts. Ha di recente pubblicato due monografie con l’editore Actual Source, Vantage Point (2022) and Marker (2020).


Non Technological Devices

di Chloé Milos Azzopardi

Esiste un’alternativa a un mondo iper-artificiale e tecnologico? Non Technological Devices è una ricerca poetica sulla nostra ancestrale esigenza di immaginare il futuro.

Chloé Milos Azzopardi (France, 1994) è un’artista visiva, con sede su un’isola ai margini di Parigi. All’intersezione tra fotografia, performance e installazione, il suo lavoro genera mondi fittizi. La sua ricerca si occupa di ecologia, nuove tecnologie e la costruzione di immaginari del post-capitalocene. Recentemente, le è stato conferito il premio “Nuove Scritture della Fotografia Ambientalista” al La Gacilly Festival, il grant per artisti emergenti di Lucie Foundation, ed è stata in residenza presso la Villa Perochon. Il suo lavoro è stato pubblicato in magazine come il NY Times, il British Journal of Photography, Fisheye o Ignant, ed è stato esposto presso Łódź Fotofestiwal, Encontros da Imagem, Fisheye Gallery, e Athens Photo Festival.


Captionthis

di Luca Massaro

Appropriandosi del fascino patinato dell’estetica pubblicitaria, Massaro riflette sul mutevole rapporto tra fotografia e testo in un contesto come quello contemporaneo in cui la comunicazione si basa sempre più sul potere dell’immagine.

Luca Massaro (Italy, 1991) è un artista e fotografo che lavora con Immagini e Parole. I suoi progetti sono stati pubblicati a livello internazionale (Aperture, Art Paper Editions, i-D, FOAM, MOUSSE, Purple, Skinnerboox), esposto in mostre personali e collettive (IIC Montevideo, Viasaterna, MBAL, Gibellina Images, Matèria, Triennale, Fotografia Europea) ed è presente in collezioni private e istituzionali (MBAL, Regione Emilia Romagna, Fondazione Benetton, Fondazione Orestiadi, IIC Montevideo).


West of Here

di Leonardo Magrelli

All’apparenza un reportage sulla città di Los Angeles, a uno sguardo più attento West of Here rivela il suo inganno: le immagini provengono dal videogioco Grand Theft Auto V. Che aspetto ha la memoria collettiva di un luogo che non esiste? Dove arriva la nostra fiducia nella fotografia come traccia della realtà?

Brea Leonardo Magrelli (Italia, 1989) vive e lavora a Roma. Dal 2017 fa parte del duo Vaste Programme. Il suo lavoro è stato esibito in diverse galleria come Divari e Magazzino a Roma, Flowers Gallery a Londra, e Jest a Torino. Nel 2022 è stato finalista del Talent Prize di Inside Art, ha vinto il Premio Castelfiorentino, la menzione speciale del Premio Graziadei, ed è stato uno dei finalisti del Premio Terna. Nel 2021 è stato nominato per il programma Futures Photography da CAMERA, è stato finalista del Premio Michetti, e il suo libro West of Here è stato pubblicato da Yoffy Press.


Dream of a Blue Garden

di Martina Giammaria

In una Portofino surreale e onirica, tra fotografie di danzatori che reinterpretano il paesaggio e immagini generate dall’interazione fra l’artista e un software, lo spettatore si ritrova a chiedersi: “che cosa sto osservando, e dove mi trovo davvero?”

Martina Giammaria (Italia 1976) è una fotografa italiana di base a Milano. Il suo lavoro vuole creare delle storie effimere e sfuggenti partendo da semplici elementi: ritratti surreali, oggetti del desiderio e luoghi qualunque. Ama mettere l’osservatore in una condizione di incertezza, lasciandogli il compito di ricomporre i pezzi e immaginare una storia. Collabora con committenti editoriali e commerciali a livello internazionale come T Magazine, M le Monde, The New York Times, Wallpaper*, Financial Times, Vogue Italia, Wired, Elle, Timberland, Tacchini, Portofino Gin e altri.


Flyin’ High

di The Cool Couple

Nel lavoro di The Cool Couple un volo virtuale a bordo di un aereo digitale, l’impatto ambientale di Internet e quello del settore dell’aviazione danno origine a un loop dove realtà e simulazione sono la stessa cosa.

The Cool Couple (spesso abbreviato TCC) è un duo di artisti di base a Milano, fondato alla fine del 2012 da Niccolò Benetton (1986) e Simone Santilli (1987). Attraverso un approccio multidisciplinare, TCC parla di immagini e della loro urgenza. TCC ama anche insegnare, perché pensa che condividere porti ad un karma positivo. Benetton e Santilli sono docenti presso NABA Milano, e Course Leader del corso di laurea in Arti Visive presso MADE Program, Siracusa.


Appunti per un’Orestiade Africana – A Democracy in Fadigue

di Gloria Oyarzabala

Luoghi e tempi diversi si intrecciano nel lavoro di Oyarzabal per riflettere sulla creazione della conoscenza, e sulle narrazioni egemoniche che sembrano ripetersi nel tempo.

Andy Gloria Oyarzabal (Spagna, 1971) è un’artista visiva il cui lavoro interseca cinema, fotografia e insegnamento. È co-fondatrice del Cinema indipendente La Enana Marrón a Madrid (1999-2009). Dopo avere vissuto 3 anni in Mali e avere sviluppato un interesse verso la costruzione dell’immaginario Africano, i suoi progetti si concentrano sulla restituzione e la rappresentazione del corpo dell’ “Altro”. Il suo lavoro è stato esposto, tra gli altri, a Fotofestiwal (Pl), Format (UK), Organ Vida (Cr), LagosFoto (Ng), Biennale Für Aktuelle Fotografie (De). Le sono stati riconosciuti numerosi premi, tra cui: Encontros da Imagem Discovery Award 2018 (Pt), FotoFestiwal Grand Prix 2019 (Pol), Meitar Award for Excellency in Photography 2020 (Isr), IMAGES VEVEY Dummy Award 2019 (Ch), Aperture Paris Photo Best Photobook of the Year 2020, Fotografia Europea 2022 (It), e la nomina al Prix Elysée 22-24 (Fr).


Illusions

di Namsa Leuba

Confrontandosi con l’eredità del colonialismo, i ritratti di Leuba guardano criticamente al nostro inconscio collettivo e agli elementi che lo compongono.

Namsa Leuba è una fotografa e art director di base a Bordeaux. Ha partecipato a mostre internazionali tra cui Making Africa: A Continent of Contemporary Design al Guggenheim di Bilbao, Africa Reframed al Øksnehallen di Copenhagen, The New Black Vanguard presso Aperture a New York e African State of Mind al New Art Exchange di Nottingham. Ha esposto a festival internazionali come Daegu Photo Biennale, Athens Photo Festival, Photoquai e Lagos Photo e tenuto una mostra personale all’Hangar Art Center di Bruxelles. Nel 2019 è stata protagonista del progetto speciale Focus in the Eyes presso la VIP Lounge di Art Basel. Leuba ha realizzato lavori commissionati per Nike, The New Yorker, Christian Lacroix, Edun, Dior e Netflix. Il suo lavoro è stato pubblicato da Kaleidoscope, Foam, Interview, Vice Magazine, New York Magazine, Libération e British Journal of Photography. Fra i premi ricevuti Festival Planches Contact Deauville, Magenta Foundation Flash Forward e Photo Global al Festival della fotografia di Hyères.


Deposits

di Felicity Hammond

Ipotizzando l’esistenza futura di un minerale immaginario, i collage digitali di Felicity Hammond indagano l’impatto ambientale dell’industrializzazione pesante, e l’abuso di materie prime.

Felicity Hammond (Regno Unito, 1988) ha conseguito un master in fotografia presso il Royal College of Art di Londra e ha completato il dottorato di ricerca in Arte Contemporanea presso la Kingston University, Regno Unito. Riconosciuto per il suo modo di combinare fotografia e installazione su larga scala, il lavoro di Hammond ha ottenuto numerose nomine e premi, tra cui il Lumen Art Prize (2018), il FOAM Talent (2016) e il British Journal of Photography International Photography Award (vincitrice, 2016). La sua prima mostra personale si è tenuta al C/O di Berlino nel 2021, e il suo lavoro è stato esposto in molte mostre collettive tra cui il Centre for Visual Art di Denver, il CAFA Art Museum di Pechino, il Garage di Rotterdam, il Fotomuseum di Winterthur e la Saatchi Gallery. Il primo libro di Hammond, Property, è stato pubblicato nel 2019 da Self Publish, Be Happy. Vive e lavora a Londra.


Out of Order

di Penelope Umbrico

A partire da immagini trovate su piattaforme di vendita online “consumer-to-consumer”, Umbrico affronta temi come la materialità della tecnologia, la sua inevitabile obsolescenza, e il ruolo di Internet come archivio sociale.

Penelope Umbrico (USA, 1957) ha esposto i suoi lavori negli Stati Uniti al MoMA PS1 e al Museum of Modern Art di New York, al MassMoCA in Massachusetts, al San Francisco Museum of Modern Art in California, al Milwaukee Art Museum in Wisconsin; internazionalmente, sono stati esposti presso l’Art Museum Gosta in Finlandia, Foto Colectania a Barcellona, Spagna, The Photographers’ Gallery a Londra, Inghilterra, Kunstverein Ludwigshafen in Germania, i Rencontres d’Arles in Francia, la Biennale di Fotografia di Daegu in Corea, il Festival Internazionale di Fotografia di Pingyao in Cina, e la Gallery of Modern Art a Brisbane, Australia. Le sue opere sono nelle collezioni dei musei di tutto il mondo ed ha ricevuto numerosi premi tra cui il Guggenheim Fellowship, lo Sharpe-Walentas Studio Grant, la Smithsonian Artist Research Fellowship, la New York Foundation of the Arts Fellowship, e l’Anonymous Was a Woman Award. Le sue monografie sono state pubblicate da Aperture e RVB Books.


I Don’t Know How To Respond To That

mostra collettiva con Agnese Morganti, Antonio Tongchar, Ben Dickey, Bruno Silva, Bubi Canal, Caleb Stein, Carl Ander, Carola Lampe, Celeste Arnstedt, Cinzia Romanin, Clara Simas, Cristóbal Ascencio Ramos, Dávid Biró, Dawn Woolley, Diane Meyer, Ellen Smeets, Frederik Marks, Ha Taemin, Heiner L. Beisert, Hugh Fox, Jannike Stelling, Jesse Ly, Joeri Boelhouwer, Kashiwada Tetsuo, Katya Yanova, Kyle Gyumin Dong, Maria Siorba, Myrto Papadopoulos, Natalie Keyssar, Ola Skowrońska, Pumipat Usapratumban, Rick Van Der Klooster, Santiago Escobar-Jaramillo, Sara Levarato, Sarah Mei Herman, Takako Noel, Thomas Victor, Uta Genilke, Yiming Zhu, Yuxing Chen

Le immagini di quaranta fotografi provenienti da tutto il mondo ci aiutano a esplorare il dialogo tra essere umano e macchina e come evolva la nostra relazione con la tecnologia in un contesto di continue innovazioni.
“I Don’t Know How To Respond To That” è la risposta che assistenti virtuali come Apple Siri danno quando non riescono a trovare una soluzione alle nostre domande. Ormai diamo per scontato che si possa comunicare con un oggetto inanimato. Il rapporto fra uomo e Intelligenza Artificiale si fa sempre più stretto, l’arte è commercializzata in formati digitali grazie agli NFTs, il Metaverso è realtà. Comprendere le opportunità che tali innovazioni possano offrire e le problematiche che possano comportare diventa un obiettivo cruciale per la nostra società.


Dummies & Books from Folio 2023

mostra collettiva dei prototipi di fotolibro di Aziz Motawa, Birgit Püve, Cinzia Laliscia, Ellen Smeets, Fernando Criollo, Francesca Bergamini, Giulia Bernardi, Niccolò Varrella, Rebecca Routman, Rosa Lacavalla, Thomas Martin, Uschi Groos, Uta Genilke

La mostra presenta i prototipi di fotolibro sviluppati nel corso della terza edizione di Folio – PhMuseum International Photobook Masterclass.
Nel corso di nove mesi un gruppo di tredici partecipanti ha lavorato sotto la guida di Tommaso Parrillo, editore di Witty Books, della designer Giulia Boccarossa e del curatore di PhMuseum Rocco Venezia con l’obiettivo di sviluppare i propri progetti fotografici in funzione di tale formato. L’iniziativa è un’occasione per connettere autori da tutto il mondo e utilizzare le opportunità offerte dal mondo online al fine di realizzare un oggetto d’arte sempre più diffuso nonostante la digitalizzazione crescente. Al termine della Masterclass il lavoro Replikant di Uta Genilke è stato pubblicato da Witty Books con un contributo di PhMuseum ed è ora parte del catalogo della casa editrice.


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