Posutā Poster: il meglio dei poster giapponesi contemporanei in un libro

Si fa comunemente risalire la nascita del manifesto alla metà dell’800, in Europa. In quel periodo lo sviluppo di una tecnologia di stampa come la litografia rese possibile produrre poster in grandi tirature e a costi relativamente bassi, mentre l’ascesa di movimenti artistici che mettevano in discussione “l’accademia” — l’impressionismo, prima, e in seguito il post-impressionismo, l’art nouveau e l’espressionismo — favorì la diffusione (e la relativa accettazione, da parte della società del tempo) di un’arte al servizio del commercio: la pubblicità.
Tra le principali fonti d’ispirazione per il nascente movimento delle affiches ci furono le stampe giapponesi ukiyo-e, che arrivavano per la prima volta nel Vecchio Continente proprio in quegli anni, dopo la fine del sakoku, la politica di isolamento che la dinastia imperiale Tokugawa impose per oltre due secoli, dalla metà del ‘600 fino alla metà dell’800, quando le quattro navi da guerra del commodoro statunitense Matthew Perry — le “navi nere”, come le chiamarono i giapponesi — approdarono nella baia di Tokyo.

In Giappone le stampe ukiyo-e, prodotte con la tecnica della xilografia in tirature spesso altissime, erano considerate come arte per le masse. Diffuse fin dal ‘600, epoca di grandi cambiamenti socio-economici nella società giapponese, possono benissimo essere considerate come le antenate dei poster moderni, che hanno contribuito a influenzare e dai quali sono state a loro volta influenzate nel momento in cui le due culture — occidentale e nipponica — sono venute in contatto.
Tale scambio di sensibilità, forme e segni è continuato per tutto il ‘900 e prosegue ancora oggi, con una grafica giapponese che, soprattutto a partire dal secondo dopoguerra, anche attraverso i manifesti, è stata capace di ritagliarsi un ruolo centrale a livello internazionale.

In questi ultimissimi anni, in cui la funzione un tempo assolutamente cruciale del poster nell’ambito della comunicazione visiva ha iniziato a venir meno per via delle tante alternative digitali che abbiamo, c’è una grande attenzione attorno alla storia, anche recente, dell’arte giapponese dei poster. Lo testimoniano due libri: di uno — L’arte del manifesto giapponese, curato da Gian Carlo Calza e pubblicato da Skira — ho già scritto; l’altro, recentissimo, viene dall’oriente, più precisamente da Hong Kong, dove ha sede la casa editrice Victionary, specializzata in volumi antologici sulla grafica. Si intitola Posutā Poster (il termine poster, in giapponese ポスタ, è trascritto come posutā) ed è un impressionante tomo di oltre 500 pagine che va a esplorare la scena contemporanea, costituita da artiste e artisti che, come i loro predecessori, hanno saputo coniugare la ricca tradizione visiva del proprio paese con gli stili e le tendenze internazionali.