È soprattutto attraverso il racconto di sé che l’attivismo contemporaneo prova a mettere in discussione i paradigmi della società patriarcale.
I corpi, le storie, i gesti, i percorsi, l’indagine e la ricerca della propria identità nella cornice sociale in cui questa si manifesta diventano materiale caldo e vivo per mezzo del quale intervenire nello spazio pubblico, sia fisico che digitale. Ma se è tra i mille canali virtuali di quest’ultimo che ormai si sviluppa e concentra gran parte del discorso collettivo, la “cara, vecchia carta” rimane tuttora un supporto pressoché irrinunciabile per smantellare vecchi sistemi di idee e costruirne di nuovi, raccogliendo spunti, elaborandoli, contaminandoli, facendoli collidere tra loro.
Ed è con una molteplicità di strumenti e piattaforme, di linguaggi e di stili, di sensibilità e di narrazioni — spesso, appunto, autonarrazioni — che le istanze del femminismo contemporaneo entrano nel dibattito quotidiano. A vari livelli: accademico, politico, artistico. Dai saggi ai monologhi su TikTok, dalle fanzine ai profili Instagram, dalle riviste dei collettivi alle azioni di arte pubblica, il panorama è più che mai vivace e assume svariate forme. A esplorarne profondità e confini c’è Flush, festival di editoria femminista giunto alla sua terza edizione, organizzato da Orlando — associazione che gestisce il Centro di documentazione, ricerca e iniziativa delle donne e ne promuove l’iniziativa politica e culturale — in collaborazione con la Libreria delle Donne di Bologna e il supporto di Wikimedia Italia/WikiDonne.
Dal 15 settembre al 17 settembre Flush metterà in connessione editrici e bibliotecarie, scrittrici e giovani lettrici, attiviste e creatrici digitali, insegnanti e visionarie, con il tema dell’autonarrazione — sviluppato con approccio intersezionale — a legare i vari appuntamenti del festival, che prende il nome da… un cane: Flush è infatti un cocker spaniel, protagonista di una biografia immaginaria (Flush, vita di un cane) scritta nel 1933 dalla grande Virginia Woolf.
«Flush guarda il mondo dal basso, ed è questo che ci interessa: uno sguardo alternativo sulla realtà, sulla storia, lo sguardo con cui autrici e editrici osservano e interpretano ciò che ci circonda. Il festival mira ad indagare lo spazio letterario ed editoriale e le dinamiche che ne regolano il funzionamento, con particolare attenzione alle sue periferie e articolazioni digitali», spiegano le organizzatrici, che quest’anno hanno affidato la locandina a Nicoz Balboa.
Il programma dell’evento, che si terrà presso il Centro di Documentazione delle Donne, in via del Piombo 5, a Bologna, si articola in una fiera (20 le espositrici), due laboratori, quattro talk, quattro letture ad alta voce e tre visite guidate (nell’Archivio di storia delle donne e nella Biblioteca italiana delle donne).