Nelle scorse settimane si è molto parlato di uno studio pubblicato il 22 maggio sulla rivista scientifica Nature Sustainability (che fa parte della stessa “famiglia” editoriale del prestigioso magazine Nature).
La ricerca — intitolata Quantifying the human cost of global warming e firmata da un gruppo di scienziate e scienziati di diverse università e istituti, tra Europa, Asia e Stati Uniti — afferma, tra le altre cose, che entro la fine del nostro secolo un terzo dell’intera umanità potrebbe dover necessariamente migrare verso aree del pianeta più abitabili, dato che l’innalzamento delle temperature e la crisi climatica, se il trend attuale non dovesse fermarsi (e secondo la comunità scientifica non si arresterà senza un totale ripensamento dei nostri modelli produttivi, economici e sociali), trasformerà inesorabilmente parte della cosiddetta “nicchia climatica dell’uomo” fino a renderla inabitabile. Attualmente sono circa 60 milioni le persone che vivono al di fuori di tale nicchia. Entro il 2090 potrebbero essere 3,7 miliardi.
Questi scenari apocalittici che attendono l’umanità sono anche un problema di design. Perché i tentativi di adattamento alle repentine mutazioni del clima dovranno per forza di cose passare attraverso nuove modalità di consumare, di spostarsi, di produrre energia e cibo e, ovviamente, di abitare.
Da tempo l’architettura punta il suo sguardo non solo al futuro ma anche al passato, cercando nuovi materiali e nuove tecnologie, ma anche studiando quei modelli che esistono già, e che talvolta possono essere trovati, appunto, nelle soluzioni già sviluppate, decenni o secoli prima, nell’ambito della cosiddetta “architettura vernacolare”.

(foto: Rashid & Ahmed Bin Shabib | courtesy: Vitra Design Museum)
Viste le ondate di caldo sempre più lunghe e intense che colpiscono i centri urbani a diverse latitudini del globo, a rivestire particolare interesse sono gli espedienti attuati in quelle aree che da centinaia di anni sono abituate a convivere con le temperature estreme, e cioè le metropoli del mondo arabo.
Proprio alle “lezioni dall’architettura araba” è dedicata una mostra/installazione allestita presso il Vitra Design Museum di Weil am Rhein, poco fuori da Basilea, e curata da Ahmed e Rashid bin Shabib, pluripremiata coppia di fratelli, entrambi urbanisti, già fondatori di una rivista-icona come Brownbook Magazine.
Intitolata Hot Cities e inaugurata lo scorso 29 aprile, l’esposizione — progettata dallo studio Site Practice — «esamina le metropoli del mondo di lingua araba per scoprire come queste, e i loro abitanti, affrontano il duro clima della regione, e se le soluzioni architettoniche e urbanistiche trovate lì potrebbero aiutarci a rendere i nostri ambienti più resistenti al clima. […] La mostra presenta casi di studio urbani che forniscono risposte a molte domande ora sollevate dal cambiamento climatico. Queste si basano sulle ricerche ecologiche dei curatori, che hanno recentemente vinto il Leone d’Oro alla Biennale di Architettura di Venezia 2021 per il loro contributo come autori del libro The Anatomy of Sabkhas1», come spiega il comunicato stampa dell’evento.
Hot Cities si suddivide in tre sezioni: la prima è un archivio di modellini architettonici che presentano i legami tra estetica e adattamento climatico di alcune architetture di 20 metropoli arabe, tra esempi che coprono «diversi periodi di tempo e stili architettonici, dall’antico al contemporaneo, dal vernacolare al postmoderno»; la seconda è una biblioteca di “dizionari architettonici” per ciascuna delle città oggetto dell’esposizione; la terza è un forum in cui professionisti e studiosi si riuniscono per condividere le loro competenze sull’argomento.
«Hot Cities» spiega ancora il comunicato «è un tentativo di creare un dizionario dell’architettura araba attraverso la lente dell’adattamento climatico e dell’estetica vivente che emerge nell’uso quotidiano. Allo stesso tempo, è anche un invito a ripensare il nostro rapporto con il futuro e il discorso sulla sostenibilità rivisitando gli apprendimenti senza tempo del passato. La loro conoscenza illumina il lavoro instancabile di molte generazioni e l’immenso potenziale che ci è stato consegnato».
I modellini

(foto: Andreas Sütterlin | © Rashid & Ahmed Bin Shabib | © e courtesy: Vitra Design Museum)

(foto: Andreas Sütterlin | © Rashid & Ahmed Bin Shabib | © e courtesy: Vitra Design Museum)

(foto: Andreas Sütterlin | © Rashid & Ahmed Bin Shabib | © e courtesy: Vitra Design Museum)

(foto: Andreas Sütterlin | © Rashid & Ahmed Bin Shabib | © e courtesy: Vitra Design Museum)
L’installazione

(foto: Bettina Matthiessen | © Rashid & Ahmed bin Shabib | © e courtesy: Vitra Design Museum)

(foto: Bettina Matthiessen | © Rashid & Ahmed bin Shabib | © e courtesy: Vitra Design Museum)

(foto: Bettina Matthiessen | © Rashid & Ahmed bin Shabib | © e courtesy: Vitra Design Museum)