Boboli: com’è nata la prima font di Stefano Tonti

«Come graphic designer sono costantemente immerso nel mondo della tipografia, ma non avevo mai disegnato personalmente una font, anche perché so bene quanto sia necessaria una competenza specifica per farlo a livelli professionali» così Stefano Tonti inizia a raccontare la felice coincidenza che l’ha portato a progettare — appunto per la prima volta — un carattere tipografico, che ha deciso di chiamare Boboli.

Riminese, già assistente del grande Italo Lupi, Tonti ha vissuto per un periodo a Milano, prima di trasferirsi a Barcellona, dove ha lavorato come freelance per qualche anno. Tornato in Italia nel 1997, ha fondato lo studio che porta il suo nome, progettando soprattutto per istituzioni e clienti in ambito artistico e culturale.
Tra i suoi lavori più conosciuti ci sono l’immagine grafica per il teatro comunale di Rimini e per il premio giornalistico internazionale Ilaria Alpi — entrambi selezionati per il prestigioso Compasso D’Oro —, e negli anni i suoi progetti sono stati esposti in musei ed eventi in tutto il mondo, dalla Triennale di Milano al MACRO di Roma, dal Dutch Poster Museum di Hoorn, nei Paesi Bassi, al Museo di arte contemporanea di Istanbul.

Autore di decine di logo, proprio mentre era all’opera su uno di essi si è accorto che le lettere che aveva deciso di usare iniziavano a “germogliare”.

(courtesy: Stefano Tonti)

«Stavo lavorando a un logo sul tema della sostenibilità, costruendolo con rette e segmenti di cerchio» racconta Tonti, «quando mi sono accorto che tratti di curve delle lettere, duplicati e uniti specularmente, richiamavano una foglia con un gambo. Per il logo era già un buon risultato, ma la cosa si faceva ancora più interessante perché forse poteva diventare un sistema grafico, applicabile a tutto l’alfabeto… Ho provato, più o meno funzionava e a quel punto mi sono reso conto di avere, mio malgrado, realizzato la mia prima font».
Dopo l’epifania, però, c’è stato bisogno di mettersi a sudare su ogni singolo glifo, aggiungendo, togliendo, limando, disegnando e poi digitalizzando. Un processo per cui sono stati necessari diversi mesi di lavoro.

Da buon amante della cultura classica, Tonti avrebbe voluto chiamare la sua font Dafne, «per evocare poeticamente l’idea di metamorfosi, di trasfigurazione dall’umano al vegetale che quel mito racconta» mi ha spiegato.
Quando però ha scoperto che un carattere di nome Dafne c’era già, ha deciso di optare per Boboli, come il magnifico giardino fiorentino «uno dei primi grandi giardini rinascimentali, dove la natura è plasmata dall’uomo in forme di geometrica bellezza; in un certo senso il percorso opposto rispetto a Dafne che diventa albero, ma che racconta comunque del rapporto tra razionalità e natura».

(courtesy: Stefano Tonti)

Visto il richiamo alla natura e alla metamorfosi, Tonti ha pensato di farne due versioni.
Una, più geometrica e lineare, l’ha battezzata Autumn/Winter, pronta per lasciar spazio alla bella stagione, la Spring/Summer.
«Mi sembra interessante il dialogo tra questi due stili diversi — uno “Bauhaus” e l’altro quasi barocco —» dice il papà di Boboli «reso possibile dal fatto che le “foglie” non sono decorazioni aggiunte ma il naturale sviluppo della struttura geometrica di base, in una sorta di Viriditas tipografica. Tutte le lettere possono quindi accostarsi e intrecciarsi armonicamente, grazie anche alle alternative stilistiche proposte per molti glifi Spring/Summer, calibrando a piacere la “stagione” che si vuole rappresentare. Insomma, con Boboli “Bauhaus goes greenhouse”».

Una volta terminato il lavoro, dopo aver spazzato dalla scrivania i trucioli di gomma e le foglie idealmente cadute, Tonti l’ha proposto alla piattaforma MyFonts, dove attualmente si può acquistare.

Di seguito alcuni esempi della font in uso, i glifi, e qualche immagine della fase di lavorazione.

(courtesy: Stefano Tonti)
(courtesy: Stefano Tonti)
(courtesy: Stefano Tonti)
(courtesy: Stefano Tonti)
(courtesy: Stefano Tonti)
(courtesy: Stefano Tonti)
(courtesy: Stefano Tonti)
(courtesy: Stefano Tonti)
(courtesy: Stefano Tonti)
(courtesy: Stefano Tonti)
(courtesy: Stefano Tonti)
Il “making of”
(courtesy: Stefano Tonti)
Il “making of”
(courtesy: Stefano Tonti)
Il “making of”
(courtesy: Stefano Tonti)
Il “making of”
(courtesy: Stefano Tonti)
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