Quando da bambino io e i miei due migliori amici decidemmo di creare il club più mirabolante ed esclusivo e avventuroso e coraggioso e scavezzacollo che ci fosse, per prima cosa decidemmo il nome — semplicemente l’unione delle nostre iniziali — e subito dopo disegnammo la bandiera: ovviamente un teschio, sopra il quale svettava il nostro cacofonico SSMSAA.
La nostra prima conquista fu il grosso salice del mio giardino. Fu lì che, salendo sopra a un vecchio triciclo per raggiungere l’incrocio dei rami, piantammo il nostro vessillo (poco sventolante, a dire il vero, perché realizzato con carta troppo spessa), il primo di tanti che piazzammo tra cortili, salotti e camerette.
Condizionati da chissà quali e chissà quanti film, libri illustrati, manuali delle Giovani Marmotte, notiziari e pagine di storia del sussidiario, conoscevamo già benissimo — da otto o novenni che eravamo — il valore simbolico della bandiera e, come la stragrande maggioranza dei bambini, eravamo affascinati da qualunque doppia pagina di libro o di rivista che ne raccogliesse un po’. Al netto di concetti come patria, appartenenza e orgoglio, piuttosto volatili (per fortuna!) quando sei ancora piccolo, non è difficile capire perché: colori + forme geometriche essenziali = un paradiso di stimoli visivi.

E un paradiso di stimoli visivi — per i bambini ma anche per i grandi — è 199 Bandiere. Forme, figure e colori, dove la graphic designer Orith Kolodny spiega significati, storie e curiosità che ci sono dietro ai colori, alle forme, ai simboli delle bandiere dei 193 stati membri dell’ONU, più Vaticano, Palestina, Taiwan, Kosovo, Portorico e Antartide.
La cifra stilistica di Kolodny — della quale abbiamo parlato non molto tempo fa in occasione dell’uscita di un altro suo libro — si presta perfettamente al tema: come i vessilli nazionali, la designer è capace di ridurre la complessità a essenzialità, e con poche parole riesce a illustrare i concetti fondamentali di una disciplina articolata come la vessillologia.

Kolodny parte dai colori e dalle loro combinazioni per poi passare al numero e alla grandezza delle bande orizzontali e verticali, ai simboli, ai triangoli, alle diagonali, alle croci, ai cerchi, alle parole e ai motti, evidenziando similitudini e differenze, sottolineando le bandiere “cugine” — come quelle panarabe, quelle scandinave, quelle “rasta”.
Piccola curiosità: come ho già avuto modo di raccontare in passato, Orith Kolodny — che vive e lavora a Milano ormai da anni — è stata una velocista. Ai Campionati del mondo di atletica leggera di Tokyo, nel 1991, era portabandiera per Israele.











