«Nessun fatto è troppo piccolo o troppo grande per tracciare una scala adatta per osservarlo. I grafici possono registrare il percorso di uno ione o l’orbita del Sole, l’ascesa di una civiltà o l’accelerazione di un proiettile, il clima di un secolo o la pressione variabile di un battito cardiaco, la crescita di un business o le reazioni nervose di un bambino», scriveva ottant’anni fa Henry D. Hubbard, all’epoca segretario del National Bureau of Standards degli Stati Uniti (l’equivalente nel nostro Isituto pesi e misure), nella prefazione del libro Graphic presentation, un incredibile manuale di grafica e di design delle informazioni scritto e illustrato da William Cope Brinton, a capo dell’Associazione Statistica Americana.
Hubbard sosteneva che nei grafici ci fosse una qualche magia, capace di trasmettere le informazioni in maniera immediata, di risvegliare l’immaginazione, di spiegare in un lampo un’intera situazione, anche complessa — e aveva ragione.
Se n’erano accorti già nel Medioevo gli amanuensi e i cartografi, che incominciavano a farsi largo nella tenebra del mondo sensibile e nella luce accecante di quello spirituale anche grazie al sapiente utilizzo di forme, colori, spazi e testi per trasmettere e comprendere concetti e fenomeni.
Ed è proprio dall’epoca medievale che parte History of Information Graphics, un compendio sulla storia delle infografiche pubblicato da Taschen e a cura dell’esperta di data visualization Sandra Rendgen e del designer e giornalista Julius Wiedemann, che per l’editore tedesco avevano lavorato insieme, in passato, anche su altri due libri dedicati a questo tema: Information Graphics e Understanding the World. The Atlas of Infographics.
Lungi dall’essere una semplice carrellata di immagini ordinate cronologicamente, dal passato ai giorni nostri, questo poderoso volume di oltre 460 pagine e quasi 4 kg di peso celebra piuttosto l’importanza del design nella raccolta e nella divulgazione dei dati.
«Il punto della selezione è che la pratica della visualizzazione delle informazioni è sempre stata una parte naturale della cultura intellettuale e si trova a cavallo di numerose discipline e argomenti accademici», scrive Rendgen, che nota come — nonostante ci sia un’attenzione senza precedenti nei confronti di questa disciplina — la sua storia sia invece poco conosciuta e, anche nei libri e nei seminari, vengano citati spesso alcuni precursori (ad esempio William Playfair, Charles-Joseph Minard e Florence Nightingale) ma poco altro.
Oltre a centinaia di immagini e utili spiegazioni sulle opere mostrate, History of Information Graphics, che si acquista anche su Amazon, raccoglie anche alcuni saggi — scritti dalla stessa Redgen, oltre che da David Rumsey, Michael Friendly, Michael Stoll e Scott Klein — utilissimi a contestualizzare e a comprendere meglio.