Se siete cresciuti tra gli anni Settanta e Ottanta sapete bene cosa hanno significato per voi le figurine: dipendenza totale!
È vero che il consumismo dilagava e che i giocattoli non mancavano, ma niente poteva competere con un pacchetto di figurine da scartare, un album da completare e decine di doppioni da scambiare. In genere il mazzetto dei doppioni era avvolto in un elastico, verde o giallo, e pesava al punto da sformare la tasca del grembiule.
Da feticista della carta, sin da allora, rimediare monete per fare incetta di pacchetti di figurine era la mia missione quotidiana. Con il malloppo ancora caldo andavo — tutta emozionata — dal giornalaio: «Heidi. È arrivato l’album di Heidi? Sì! Sì! Allora anche 5 pacchetti di figurine, no 7, facciamo 10, meglio!».
Correre a casa, scartare i pacchetti, staccare la pellicola siliconata e incollare! Quella sì che era vita! Qualche volta le incollavamo un po’ storte, con qualche bolla d’aria e a staccarle si rischiava di strapparle, ma tanto quegli album chi li finiva mai? Non c’era mai tempo, perché ne uscivano di nuovi ogni settimana e tanti ne uscivano, tanti ne iniziavamo.
Negli anni Settanta il mercato delle figurine è in crescita, cambiano le tecniche di produzione, Umberto Panini brevetta la “Fifimatic”, l’imbustatrice automatica. L’era delle figurine in cartoncino da incollare con la Coccoina è finita e anche le “celine”, quelle con i triangoli bi-adesivi da apporre sul retro della figurina per attaccarla, sono ormai solo un ricordo.
Chi volesse rivivere quei momenti della propria infanzia sappia che al Museo della Figurina di Modena inaugura il 2 marzo World Masterpiece Theater. Dalla letteratura occidentale all’animazione giapponese, a cura di Francesca Fontana.
Si tratta dell’ultimo episodio della serie di mostre 80-90. Televisione, musica e sport in figurina, un percorso espositivo ideato da Thelma Gramolelli e iniziato nel 2014 per indagare un periodo cruciale della storia della figurina caratterizzato dall’irrompere della televisione commerciale nei diversi ambiti della vita sociale.
Negli anni Ottanta e Novanta, infatti, i cartoni animati giapponesi misero in atto una vera e propria rivoluzione estetica e narrativa che ha influenzato generazioni di bambini, oggi trentenni e quarantenni, anche mediante il merchandising delle figurine.
Il World Masterpiece Theater ovvero il Teatro dei capolavori del mondo (dal giapponese Sekai meisaku gekijō) è stato un fortunatissimo ciclo di cartoni animati prodotto dalla Nippon Animation dal 1975 fino al 1997. Lo stile Meisaku era caratterizzato da cura minuziosa dei dettagli e qualità grafica superiore rispetto agli anime coevi, ma soprattutto dal fatto che fosse basato sulla letteratura occidentale per ragazzi.
L’intenzione era dichiaratamente educativa: oltre ad istruire gli spettatori nipponici su paesaggi, architetture, usi e costumi occidentali, offriva loro una analisi psicologica dei giovani protagonisti che affrontavano difficili prove per poi diventare adulti rispettabili, capaci e altruisti.
Tra i tanti ricordiamo Heidi, creato da Isao Takahata e Hayao Miyazaki nel 1974, Marco. Dagli Appennini alle Ande (1976), tratto dal libro Cuore, Anna dai capelli rossi (1979), Tom story (1980) tratto da Le avventure di Tom Sawyer, Flo, la piccola Robinson (1981), Lucy-May (1982), Là sui monti con Annette (1983).
Dal 1986 al 1993 la veste grafica degli anime subisce una trasformazione e i colori si fanno più vivaci e intensi, come si può notare in Pollyanna (1986), in Una per tutte, tutte per una (1987), trasposizione animata del romanzo Piccole Donne, e in Peter Pan (1989).
Il progetto si conclude ufficialmente il 23 marzo 1997 per essere poi solo temporaneamente recuperato negli anni Duemila.
Nonostante non facciano parte ufficialmente del ciclo denominato World Masterpiece Theater, molti altri cartoni animati condividevano le tematiche tratte da romanzi per ragazzi occidentali e l’intento educativo. Tra questi, alcuni prodotti della Nippon Animation non esplicitamente inseriti nel progetto WMT, come L’ape Maia (1975) e Il libro della giungla (1989), ad esempio, e cartoni animati di stile Meisaku di altre case produttrici quali Remi – Le sue avventure (1977), Capitan Futuro (1978), Il Mago di Oz (1987) e così via.
Se avete già la lacrima sul ciglio non vi resta che organizzare una spedizione a Modena, la mostra prosegue fino al prossimo 22 luglio. E mi raccomando, ammirate questi piccoli capolavori d’illustrazione al grido di: «Ce l’ho! Ce l’ho! Mi manca!».