Seppur non ci sia una data ufficiale, la moda italiana è nata nell’immediato dopoguerra, nell’atelier romano delle Sorelle Fontana, in quello del “sarto delle dive” Emilio Schuberth, nelle sfilate de la Rinascente a Milano, nel First Italian High Fashion Show organizzato nel ’51 a Firenze dal conte Giovan Battista Giorgini (per molti fu quell’evento il vero Big Bang), nella Sala Bianca di Palazzo Pitti, nelle lotte intestine tra enti e camere di commercio di Torino, Milano, Firenze e Roma per conquistare il ruolo di capofila di città della moda (poi sappiamo chi l’ha spuntata).
Prima di allora, tutto il mondo guardava principalmente a Parigi. Era Parigi il Grande Attrattore — inizialmente per via dei grandi sarti che servivano le corti e in seguito perché fu nella capitale francese che vennero “inventate” l’haute couture, le sfilate, la stessa figura del couturier, grazie a un sarto inglese, Charles Frederick Worth, che aprì il suo atelier e metà ‘800 in rue de la Paix.
Le prime riviste italiane di moda, nate nella seconda metà dell’800 pubblicavano principalmente figurini francesi. E lo facevano attraverso tavole illustrate pubblicate come inserti collezionabili. Alcuni di essi sono andati perduti. Molti rimangono nelle rare raccolte, come quella del Fondo Gamba (ne ho parlato tempo fa) o quella del Museo del Tessuto di Prato.
Proprio quest’ultima si può consultare online, sfogliando l’archivio di circa 2000 immagini tratte da riviste italiane e francesi che vanno dal 1789 al 1900, con la possibilità di scaricarle anche a grandi dimensioni.
Il sito della Collezione Figurini di Moda del museo è tutt’altro che intuitivo, ma consiglio di cominciare da qui, selezionando una rivista alla volta e cliccando sulla lente di ingrandimento.