Difficilmente chi coi colori ci lavora — o chi per lavoro usa, mescola, fabbrica colori — ne ha uno d’elezione.
«Tutti i colori sono belli allo stesso modo», dicono le maestre ai bambini — con mille sottotesti.
Allo stesso modo quelli di Pantone, dove i tecnici riescono a distinguere a occhio nudo sfumature che noi neanche siamo capaci di percepire, recentemente hanno dichiarato: «Al Pantone Color Institute consideriamo tutti i colori allo stesso modo» (l’hanno detto recentemente, quando una delle loro tinte, un marrone-verdone codice 448C, è stato dichiarato “il colore più brutto del mondo” da qualche migliaio di fumatori australiani).
Bando ai fumatori australiani, però, e torniamo ai diritti d’uguaglianza cromatici. Chi lavora coi colori, dicevamo, solitamente non ha un suo preferito. E così è per Hella Jongerius, designer olandese che si occupa prevalentemente di tre aspetti fondamentali della progettazione: colori, materiali, texture.
I Don’t Have a Favourite Colour è anche il titolo di un libro della Jongerius, pubblicato dall’editore tedesco Gestalten.
Si tratta di una sorta di diario di lavoro, o meglio di un diario di viaggio nel mondo dei colori che la designer ha intrapreso quando, dieci anni fa, è stata chiamata da Vitra per sviluppare un campionario relativo appunto a tinte e materiali, in modo tale da espandere le palette dei prodotti (da qui, tra l’altro, è nata anche la Colour Machine presentata da Vitra durante il Fuorisalone).
Nel libro, in 152 pagine la designer mostra e spiega le sue ricerche, gli esperimenti con forme e materiali, le idee riguardo alle teorie dei colori, lo studio dell’opera di alcuni mostri sacri del design — vedi ad esempio Jean Prouvé e Alexander Girard — e poi il materiale scovato negli archivi Vitra.
Il risultato, come puoi giudicare da te dalle immagini che seguono, è davvero molto affascinante.