Toyota Sensitive Concert: quella volta che ho “toccato” la musica

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a Umbria Jazz per Bollani e Fresu e le sfere di Toyota che s’illuminano e vibrano per far ascoltare la musica ai sordi

Suonano tutti, per le strade di Perugia. Suonano sui palchi, suonano per le vie — piene di turisti che fanno l’aperitivo, ballano in mezzo ai musicisti, le giapponesi coi loro ombrellini parasole, i fricchettoni agée con la pelle cotta dal vento e dalla luce di chissà quale spiaggia, gli americani candidi come panna e morbidi come marshmallow, coi loro cappellini di paglia e i ditoni a salsicciotto che schiacciano i tasti delle macchine fotografiche e degli smartphone per non perdersi nulla, vivendoselo in differita l’Umbria Jazz.

Invitato da Toyota per il Toyota Sensitive Concert mi sono portato dietro i miei e giriamo per le strade di Perugia, storditi dalla confusione, dal caldo, dal viaggio. Anche se in effetti sono loro a essersi portati dietro me, in un revival delle gite fuori porta che facevamo venticinque, trent’anni fa, con me seduto dietro, il naso ficcato tra le carte stradali a immaginare paesaggi prima di vederli dal finestrino.
Ora sono seduto davanti, c’è il navigatore e il naso sta appiccicato allo schermo del telefono per vedere ora e luogo dell’appuntamento.

È una bella serata di luglio. La temperatura è scesa dall’infernale all’afoso, di lì a poco suoneranno Bollani e Fresu e io sono lì per provare le Sfere, pronte ad accendersi e a vibrare non appena la prima nota risuonerà nell’arena.
Create da Toyota in collaborazione con l’ENS, l’Ente Nazionale Sordi, le Sfere sono state pensate per far sentire la musica anche ai sordi. Per fargliela toccare, a dire il vero. «E per vedere come i sordi approcciamo il mondo della musica», mi spiega Giuseppe Petrucci, presidente dell’ENS, un bell’uomo alto e abbronzato, che incontro su una collinetta che sovrasta l’arena assieme a un gruppo di sordi (che, precisano, «chiamateci sordi e non non udenti») di tutte le età, venuti anche loro a provare.

(foto: Simone Sbarbati)
(foto: Simone Sbarbati)

C’è stato un primo esperimento a Torino, qualche mese fa, ma il lavoro è ancora “in progress”.
Le Sfere da allora sono migliorate e Petrucci è qui per provarle — lui a Torino non c’era, come non c’erano gli altri che lo hanno accompagnato a Perugia, tutti curiosi di capire com’è, che si prova).

Capita che i sordi vivano comunque l’esperienza del suono, soggetti a un fenomeno chiamato “voce fantasma”. Non è questione di immaginazione: è il cervello che traduce automaticamente in suoni l’esperienza visiva

Già, cosa si prova? In realtà neanche un sordo sa bene cosa prova un altro sordo. La percezione musicale da parte di chi non può sente è una cosa complessa e meravigliosa.
Prima di venire a Perugia mi sono documentato un po’ e ho letto Vedere voci, un meraviglioso saggio del neurologo Oliver Sacks che affronta proprio il tema della sordità.

A un certo punto Sacks parla delle differenze tra i cosiddetti sordi postlinguistici, cioè quelli che lo sono diventati magari anche da bambini ma comunque dopo aver imparato il linguaggio vocale, e quelli prelinguistici, che invece non hanno mai sentito alcun suono, perlomeno da quando sono coscienti (diventare sordi nei primissimi uno o due anni di vita infatti equivale ad esser sordi dalla nascita).

Ebbene, spiega Sacks, capita che i sordi postlinguistici vivano comunque l’esperienza del suono, soggetti a un fenomeno chiamato voce fantasma. Non è questione di immaginazione: è il cervello che traduce automaticamente in suoni l’esperienza visiva: una voce familiare (ascoltata cioè prima del sopraggiungere della sordità) che parla, il rumore del vento tra le foglie, quello dell’acqua che corre, quello di uno strumento musicale…

(foto: Simone Sbarbati)
(foto: Simone Sbarbati)

Ne discuto con Petrucci. Un’interprete nel frattempo traduce tutto nel linguaggio dei segni nella lingua dei segni italiana [una lettrice mi ha giustamente giustamente fatto notare l’errore, ndr], la LIS, mentre una telecamera filma l’intervista (col presidente che si raccomanda di non fare la solita ripresa a mezzobusto perché il linguaggio dei segni va anche sotto la cintura e non far vedere quel che succede là sotto sarebbe come tagliar via un pezzo di testo da un libro).

«Effettivamente la percezione è diversa — dice — perché chi è nato sordo chiaramente stasera scoprirà quella musica, attraverso le Sfere, mentre chi sordo lo è diventato dopo ha il ricordo della musica e l’esperienza delle Sfere può attaccarla a quella della sua memoria».

“Quando sono in macchina a volte metto la musica ad alto volume, con la gamba tocco parte dello stereo e sento delle vibrazioni”, dice Petrucci, il presidente dell’Ente Nazionale Sordi.

Si vede che il presidente non vede l’ora di provare. Immagina un “concerto di vibrazioni” e percezioni che, tutto assieme, può creare emozioni.
«Quando sono in macchina a volte metto la musica ad alto volume, con la gamba tocco parte dello stereo e sento delle vibrazioni — racconta ridendo — e chissà che pensano quelli mi sentono passare con la musica a quel volume!».

(foto: Simone Sbarbati)
(foto: Simone Sbarbati)

Intanto l’arena comincia a riempirsi. I miei sono già scesi a cercare il posto. Li vedo dall’alto seduti l’uno accanto all’altra, li immagino alle prese coi loro quotidiani e inoffensivi bisticci (probabilmente è così che dimostrano l’un l’altra di volersi bene dopo 38 anni di matrimonio), e ho un piccolo attacco di nostalgia quando penso che è una vita che non passiamo un giornata come quella, tutti e tre assieme. E anche se io in teoria sto lavorando l’atmosfera è comunque quella della gita, atmosfera che non sono l’unico a percepire visto che anche nel gruppo dei sordi non la smettono di chiacchierare, di ridere, di prendersi in giro — anche senza l’interprete lo si capisce benissimo dal linguaggio del corpo quando uno se la sta godendo o un’altro stuzzica sadicamente un amico.

Le Sfere si illuminano, il colori “battono” a tempo. Ci appiccico sopra le mani e… E vibrano

Quando comincia a calare il buio il palco si anima. Le Sfere, disposte oltre l’ultima fila della platea, s’accendono (peccato però perché da lì si vede poco e nei prossimi concerti dovrebbero trovare il modo di disporle diversamente e in una posizione meno penalizzata perché vedere da vicino chi suona di sicuro arricchisce l’esperienza sensoriale).

Entra Bollani, accompagnato dal suo gruppo, e comincia a suonare. I miei se ne stanno seduti al loro posto, io giro tra le sfere, curioso di provare. Le Sfere si illuminano, il colori “battono” a tempo. Ci appiccico sopra le mani e… E vibrano. Ma se i sordi si stanno perdendo la melodia di Bollani io mi sto perdendo la complessità del “movimento” della musica. Mi rendo conto di non avere il senso del tatto così allenato.

(foto: Simone Sbarbati)
(foto: Simone Sbarbati)

Tra le differenze delle Sfere di Perugia rispetto a quelle di Torino, oltre a essere più grandi, c’è che queste hanno una manopola che permette di sentire tutto l’ensemble o di selezionare i vari strumenti. Faccio diversi tentativi e per un novellino delle vibrazioni come lo sono io è la batteria lo strumento più semplice da “sentire”, più netto.

I sordi sono tutti in cerchio attorno a due o tre delle Sfere. Toccano e chiacchierano, bevono birre, ridono, qualcuno è emozionato

I ragazzi, le ragazze, i signori, i bambini del gruppo dei sordi intanto sono tutti in cerchio attorno a due o tre delle Sfere. Toccano e chiacchierano, bevono birre, ridono, qualcuno è evidentemente emozionato e io muoio dalla voglia di chiedere, di sapere, ma l’interprete non si vede (poi scoprirò che è dietro alle quinte perché di lì a poco avrebbe tradotto in segni le parole di Bollani) e quindi poco male, cerco di semplicemente di capire e quel che capisco è che pure loro, come me, stanno sperimentando, che pure loro muioiono dalla voglia di spiegarsi l’uno con l’altro, di mettersi “nelle mani” e nei sensi di chi gli sta davanti.

(foto: Simone Sbarbati)
(foto: Simone Sbarbati)
(foto: Simone Sbarbati)
(foto: Simone Sbarbati)

Qualcuno poi comincia ad abbracciarla, la sfera. Per sentire di più, con tutto il corpo, per quanto possibile, e non solo con le mani. Provo a imitarli. Provo ad abbracciare pure io la sfera mentre nel frattempo Bollani ha concluso tra gli applausi la sua parte di concerto e Fresu è spuntato, tromba in mano, in mezzo al pubblico, avvicinandosi lentamente al palco, suonando, in una sorta di parata zigana.

Sarà la musica, saranno le birre, ma sono sempre di più quelli che si alzano dal posto e vengono a provare le Sfere, prima titubanti e impacciati, poi sempre più presi. Come me, molti non si accontentano di mettere solo le mani e ci si appoggiano sopra.

(foto: Simone Sbarbati)
(foto: Simone Sbarbati)

Se ci metti la testa, di lato, e chiudi l’orecchio libero con un dito, entri in un altro mondo, in un altro tipo di musica. Ora sento solo le vibrazioni, le sento dentro al cranio, sulla pelle, giù fino ai muscoli e alle ossa. Non distinguo più gli strumenti ed è completamente diverso rispetto al suono ma l’esperienza è bellissima, in qualche modo più antica, profonda, tribale.

Ora sento solo le vibrazioni, le sento dentro al cranio, sulla pelle, giù fino ai muscoli e alle ossa. Non distinguo più gli strumenti ed è completamente diverso rispetto al suono ma l’esperienza è bellissima, in qualche modo più antica, profonda

Mi chiedo se i musicisti lo sappiano che quello che suonano, se toccato invece che ascoltato, sembra un battito primordiale. A un certo punto, poco prima della fine, arrivano pure i miei genitori. Provano. Rimangono sbalorditi pure loro. Sulla via del ritorno, in auto, accendiamo la radio. Penso al suono, che diamo per scontato, e a come dev’essere vivere nel silenzio più totale. Poi arriva un pezzo, credo dei Pink Floyd, mio padre alza il volume, ce ne stiamo in silenzo ad ascoltare. Anche le vibrazioni.

(foto: Simone Sbarbati)
(foto: Simone Sbarbati)
(foto: Simone Sbarbati)
(foto: Simone Sbarbati)
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(foto: Simone Sbarbati)
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(foto: Simone Sbarbati)
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(foto: Simone Sbarbati)
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