
Un giorno potremo modificare il cervello con le nanotecnologie e, anche senza droghe, distorcere la musica che ascoltiamo come ci pare e piace, trasformando l’assolo di un chitarrista in una scampagnata di dita sopra alla tastiera di un sintetizzatore, ridicolizzare un lento struggente con un effetto wah-wah, sonicyouthizzare tutto quando un concerto diventa troppo noioso.
Mostruosi set di pedali diventeranno inutili anticaglie buone solo per mercatini vintage o bands che vivono di revival retro-tecnologico.
E schiere di giovani cerebro-chitarristi si ecciteranno di nascosto di fronte alle foto di Gearwhore come fossero porno d’epoca, la lista dei pedali delle celebrities preziosa quanto potrebbe esserlo oggi una directory con i sex-tapes della Hepburn, della Dietrich o di Rock Hudson.










