Le cosiddette mission patches accompagnano gli equipaggi delle missioni spaziali fin quasi dai primordi della cosiddetta “corsa allo spazio”.
Riprese dalla tradizione militare — dove le insegne di paese, corpo d’appartenenza e grado sono impiegate da secoli — queste coloratissime toppe ricamate figurano su divise e tute di astronaute e astronauti, e cambiano, appunto, in base alla missione: la prima toppa a lasciare l’atmosfera terrestre pare sia stata quella di Valentina Tereshkova, nella missione Vostok 6 del 1963, mentre la Nasa ha iniziato ad applicarle sulle tute solo a partire dal ’65, con la missione Gemini 5 (in seguito, però, ha rilasciato le mission patches celebrative anche delle missioni precedenti: qui si possono ammirare tutte quante, mentre qui ci sono quelle dell’ESA. Nei casi di missioni congiunte, le toppe sono uguali).
Puntando sul fascino di queste memorabilia, lo studio britannico Dorothy ha pensato di progettare delle toppe simili, ma dedicate alla musica. Più precisamente a dischi o canzoni a tema cosmico, andando a coprire diversi generi e i gusti di più generazioni.
Si va da due capolavori del 1973, The Dark Side of the Moon dei Pink Floyd e Life on Mars? di David Bowie, fino a Star Guitar dei Chemical Brothers (2002), passando per Venus as a Boy di Björk (1993), Black Hole Sun dei Soundgarden (1994) e Around the World dei Daft Punk (1997).
Le grafiche, ovviamente, si rifanno ai titoli, alle copertine dei dischi o ai video dei vari brani.
Le Mission Patches: Set of Musical Space Patches si possono acquistare come intero set — da incorniciare e lasciare così com’è, o da utilizzare davvero su giacche, camicie o borse — oppure come singoli pezzi. Nel caso di Bowie, che a tema spaziale ha prodotto molto, c’è anche un set speciale da tre toppe: oltre a quella di Life on Mars? comprende pure Starman (1972) e Blackstar (2015), il suo ultimo album, quello dopo il quale ha deciso di lasciare per sempre il nostro pianeta (che da allora, infatti, non è stato più lo stesso).