Designer e illustratore, Andrea Bettega è anche un grande appassionato di montagna.
Le “terre alte” — come le chiamano coloro che le frequentano abitualmente — sono il suo luogo del cuore fin da bambino, e oggi non si accontenta di ritrovarle nel toponimo della cittadina in cui vive e lavora (Montecchio Maggiore, in provincia di Vicenza), ma, appena ha un po’ di tempo libero, prende zaino e scarponcini e va a fare trekking per i sentieri alpini; e quando il tempo per spostarsi non c’è, trova quello per continuare idealmente ad arrampicarsi e a passeggiare tra boschi e rocce attraverso la lettura di saggi e romanzi che hanno al centro la montagna.
«Sarà che i miei bisnonni vengono dalla zona del Primiero1, sarà che amo scorrazzare tra guglie e crode2, ma sto dedicando anche gran parte della mia produzione da illustratore a queste tematiche» racconta lui, che infatti sta sempre più riempiendo il suo portfolio — professionale (già pieno di splendidi lavori commissionati da Il Sole 24 Ore o da La Stampa, da L’Espresso o dall’Accademia della Crusca, da Salani o da Iperborea) e non — di cime, fontane, rifugi, stelle alpine, folklore delle valli ed erbe spontanee.
Da bravo professionista, Bettega fa tanta ricerca d’archivio, fondamentale per costruire le basi di un linguaggio visivo. È proprio durante questo tipo di ricerca da “icononauta delle terre alte”, come lui stesso si definisce, che si è imbattuto in una messe di materiali d’epoca, che ha iniziato a raccogliere — per sé e per chiunque potesse esserne ugualmente colpito — su un account Instagram creato ad hoc: «ho scoperto che la produzione visiva a tema montagna degli ultimi due secoli è davvero sconfinata» dice, «e mi piace sviscerare la simbologia “pop” di questo genere e capirne le evoluzioni nell’immaginario comune».
L’account si chiama Alpigrafia, è nato poco più di un anno fa, ed già pieno di immagini.
C’è anche un negozio online, dove si possono acquistare stampe con le riproduzioni di alcuni dei poster.