Tesori d’archivio: i pattern di Koloman Moser

Negli anni a cavallo tra la fine dell’800 e l’inizio del ‘900, Vienna era probabilmente uno dei luoghi più eccitanti in cui vivere. La popolazione era in costante crescita (nel 1900 la capitale dell’allora Impero austro-ungarico era la quarta città d’Europa per numero di abitanti dopo Londra, Parigi e Berlino. Per dare un’idea: a Milano i residenti erano poco più di mezzo milione, a Roma 422 mila, mentre Vienna poteva contarne quasi 1 milione e 800 mila), le strade erano piene di caffè, teatri e musei, l’architettura fioriva grazie ai piani urbanistici di Otto Wagner, e nessun’altra metropoli del Vecchio Mondo poteva competere in quanto a vivacità culturale. Erano gli anni di Mahler e Schönberg, di Freud e della psicanalisi, di Schnitzler e dell’invenzione del “monologo interiore”, di Klimt e della cosiddetta Secessione viennese.
Tra i protagonisti del fermento artistico di quell’epoca c’era Koloman Moser, che può essere considerato come uno dei padri del modernismo europeo e l’incarnazione del concetto di Gesamtkunstwerk, l’opera d’arte totale.

Nato nel 1868, Moser crebbe letteralmente dentro a una scuola. Suo padre, infatti, lavorava come amministratore al Theresianum, un lussuoso collegio che ospitava i rampolli della nobiltà e dell’alta borghesia, e “Kolo”, come veniva chiamato in famiglia, era libero di scorrazzare nel grande parco e tra le attrezzatissime aule, dove iniziò ad avvicinarsi alle arti, nonostante i genitori sognassero per lui un futuro nel commercio.
Dopo aver studiato presso la scuola commerciale, nonostante gli insistenti inviti paterni ad accettare un lavoro che gli era stato offerto da un negozio di profumi e saponi, Koloman provò in segreto a superare l’esame di ammissione dell’Accademia di Belle Arti di Vienna. Venne accettato, e per diversi anni, sostenuto dalla famiglia, frequentò i corsi dell’accademia. Alla morte del padre, nel 1888, si rimboccò le maniche e iniziò a lavorare realizzando illustrazioni per diverse riviste d’arte, riuscendo a pagarsi gli studi, per poi accettare un impiego come insegnante di disegno dei figli dell’arciduca Carlo Ludovico d’Asburgo-Lorena. Per un anno visse nella residenza dell’arciduca, Villa Wartholz, e poi tornò a Vienna, dove contribuì alla fondazione del Siebener-Club, il “Club dei sette”, insieme ad alcuni dei nomi — su tutti Gustav Klimt e Josef Hoffmann — che poi avrebbero plasmato, negli anni a venire, l’arte viennese ed europea.

Koloman Moser, “Die Quelle: Flächen Schmuck”, Martin Gerlach, Vienna, 1901
(fonte: artvee.com)

Nel 1893 si iscrisse alla Kunstgewerbeschule. Vi rimase fino al 1895, e due anni dopo fu tra i promotori della suddetta Secessione viennese, che si distaccò polemicamente dall’Accademia di Belle Arti, fondando un proprio movimento e inseguendo il fine della “opera d’arte totale”.
Fece anche parte della redazione di Ver Sacrum, la seminale rivista che dal 1898 al 1903 fu l’organo ufficiale dell’Associazione degli artisti austriaci, e nel frattempo viaggiò molto, si dedicò all’insegnamento, e intraprese svariati progetti, andando a esplorare e a sperimentare numerosi linguaggi: dalla pittura alla grafica, dal design tessile alla progettazione di decorazioni architettoniche, vetrate, mobili, complementi d’arredo e allestimenti di mostre.

Koloman Moser, “Die Quelle: Flächen Schmuck”, Martin Gerlach, Vienna, 1901
(fonte: artvee.com)

Nel 1901 Moser diede alle stampe, con l’editore viennese Martin Gerlach, un meraviglioso portfolio, il terzo di una serie di tre intitolata Die Quelle, ovvero “La Fonte”, che Gerlach affidò ad altrettanti artisti: il primo presentava le illustrazioni di Carl Otto Czeschka, il secondo raccoglieva i lavori di illustrazione e decorazione editoriale di Max Benirschke e il terzo — indiscutibilmente il più incantevole — vedeva come protagonista, appunto, il nostro Koloman Moser.

Intitolato Die Quelle: Flächen Schmuck, cioè “La Fonte: Ornamenti per Superfici Piatte”, era composto da 30 coloratissime tavole piene di motivi in stile Art Nouveau, con alcune influenze giapponesi e spunti che arrivavano anche dall’ebru, la tradizionale tecnica turca della marmorizzazione della carta.
Non tutti quei lavori erano inediti. Alcuni erano già stati esposti — come viene spiegato qui — in occasione della quarta mostra della Secessione viennese, nel 1899, per essere poi pubblicati su Ver Sacrum. Per l’uscita di Die Quelle, tuttavia, oltre a realizzarne di nuovi, Moser ebbe modo di rielaborare gli altri, puntando sui colori e aggiungendo anche lettering, grafiche e cornici.
22 di quelle 30 tavole si possono ammirare e scaricare qui.

Koloman Moser, “Die Quelle: Flächen Schmuck”, Martin Gerlach, Vienna, 1901
(fonte: artvee.com)
Koloman Moser, “Die Quelle: Flächen Schmuck”, Martin Gerlach, Vienna, 1901
(fonte: artvee.com)

Quanto a Moser, due anni più tardi avrebbe fondato insieme all’amico Josef Hoffmann la Wiener Werkstätte (che si può tradurre come “Officina Viennese”), un progetto — finanziato dall’industriale e mecenate Fritz Wärndorfer — che prendeva ispirazione dal movimento inglese Arts and Crafts e si sviluppava a partire da una collaborazione alla pari tra artisti e artigiani. I primi progettavano, i secondi realizzavano pezzi unici, che potevano andare dalle lampade ai tappeti, dagli abiti ai mobili, dagli oggetti per la casa ai manifesti, fino a interi edifici.
La Wiener Werkstätte era un vero e proprio marchio, con la sua identità coordinata (progettata dallo stesso Moser), e i suoi prodotti venivano firmati sia dall’artista che dall’artigiano.
Negli anni collaborarono con loro alcuni tra i più grandi nomi del periodo: Klimt, ovviamente, ma anche Schiele, Kokoschka, Prutscher e tanti altri. Da Vienna, l’azienda aprì punti vendita pure a Berlino e a Zurigo, arrivando fino a New York, contribuendo a diffondere in mezzo mondo i suoi principi — produrre oggetti semplici e di grande qualità, sia a livello di lavorazione che di progettazione; puntare innanzitutto sulla funzionalità, aggiungendo ornamenti solo quando questi non vanno a inficiare su di essa; mantenere uno stretto rapporto tra progettista, artigiano e pubblico —, che negli anni a venire sarebbero diventati la base di partenza del modernismo e di esperienze come quella del Bauhaus.

La Wiener Werkstätte rimase in attività fino al 1932. Moser, però, abbandonò la società già nel 1907, a causa di divergenze inconciliabili con Wärndorfer, il finanziatore, mentre due anni prima aveva lasciato anche il gruppo della Secessione viennese. Continuò però a lavorare, imbarcandosi in molti altri progetti. Morì nel 1918 per un cancro alla gola. Poche settimane dopo la sua scomparsa, l’Impero austro-ungarico firmò l’armistizio che sancì la propria fine, quando ormai la prima guerra mondiale aveva inferto un colpo fatale alla vita culturale e artistica viennese.

Koloman Moser, “Die Quelle: Flächen Schmuck”, Martin Gerlach, Vienna, 1901
(fonte: artvee.com)
Koloman Moser, “Die Quelle: Flächen Schmuck”, Martin Gerlach, Vienna, 1901
(fonte: artvee.com)
Koloman Moser, “Die Quelle: Flächen Schmuck”, Martin Gerlach, Vienna, 1901
(fonte: artvee.com)
Koloman Moser, “Die Quelle: Flächen Schmuck”, Martin Gerlach, Vienna, 1901
(fonte: artvee.com)
Koloman Moser, “Die Quelle: Flächen Schmuck”, Martin Gerlach, Vienna, 1901
(fonte: artvee.com)
Koloman Moser, “Die Quelle: Flächen Schmuck”, Martin Gerlach, Vienna, 1901
(fonte: artvee.com)
Koloman Moser, “Die Quelle: Flächen Schmuck”, Martin Gerlach, Vienna, 1901
(fonte: artvee.com)
Koloman Moser, “Die Quelle: Flächen Schmuck”, Martin Gerlach, Vienna, 1901
(fonte: artvee.com)
Koloman Moser, “Die Quelle: Flächen Schmuck”, Martin Gerlach, Vienna, 1901
(fonte: artvee.com)
Koloman Moser, “Die Quelle: Flächen Schmuck”, Martin Gerlach, Vienna, 1901
(fonte: artvee.com)
Koloman Moser, “Die Quelle: Flächen Schmuck”, Martin Gerlach, Vienna, 1901
(fonte: artvee.com)
Koloman Moser, “Die Quelle: Flächen Schmuck”, Martin Gerlach, Vienna, 1901
(fonte: artvee.com)
Koloman Moser, “Die Quelle: Flächen Schmuck”, Martin Gerlach, Vienna, 1901
(fonte: artvee.com)
Koloman Moser, “Die Quelle: Flächen Schmuck”, Martin Gerlach, Vienna, 1901
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Koloman Moser, “Die Quelle: Flächen Schmuck”, Martin Gerlach, Vienna, 1901
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Koloman Moser, “Die Quelle: Flächen Schmuck”, Martin Gerlach, Vienna, 1901
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Koloman Moser, “Die Quelle: Flächen Schmuck”, Martin Gerlach, Vienna, 1901
(fonte: artvee.com)
Koloman Moser, “Die Quelle: Flächen Schmuck”, Martin Gerlach, Vienna, 1901
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