Esattamente 400 anni fa, nel 1623, usciva il cosiddetto First Folio, la prima raccolta di opere di William Shakespeare.
Intitolato Mr. William Shakespeares Comedies, Histories, & Tragedies, il libro venne pubblicato dopo la morte del Bardo, avvenuta nel 1616, e a curarlo furono John Heminges e Henry Condell, entrambi attori che avevano fatto parte di due delle compagnie in cui aveva lavorato Shakespeare, quella dei Lord Chamberlain’s Men e quella dei King’s Men.
Il volume — che venne tirato in circa 750 copie e venduto alla strabiliante cifra di 14 scellini per l’edizione non rilegata e 1 £ per quella rilegata (oggi sarebbe costato tra i 167 e i 223 Euro, ma le poche copie rimaste fanno registrare cifre record alle aste: nell’ottobre del 2020 una è stata acquistata per 10 milioni di dollari) — presentava per intero 14 commedie, 10 drammi storici e 12 tragedie. Tutte quante le opere, per alcune delle quali il First Folio è l’unica fonte originaria attendibile, furono trascritte dagli attori che avevano collaborato e recitato negli spettacoli.
Per celebrare il quadricentenario di questo straordinario tesoro, pietra miliare sia per la storia del teatro che per quella dell’editoria, lo Shakespeare’s Globe di Londra — ricostruzione del Globe Theatre in cui Mr. Shakespeare metteva in scena i suoi spettacoli — ha deciso di ispirarsi proprio alla raccolta compilata da Heminges e Condell per la direzione creativa della stagione estiva del teatro.
Ne è nata una bella campagna di comunicazione, che a livello concettuale mette in luce la necessità di preservare il nostro patrimonio culturale, artistico e naturale, suggerendo un parallelismo tra l’importanza del First Folio — di cui oggi rimangono meno di 200 copie ed è stato fondamentale per ricostruire l’opera del più grande autore inglese di tutti i tempi — e la crisi climatica che stiamo vivendo («Durante le conversazioni tra la direttrice artistica del teatro Michelle Terry e i registi di ogni opera, il tema del fragile rapporto tra la natura umana e l’ambiente è stato al centro dell’esplorazione visiva per la campagna» spiegano dallo Shakespeare’s Globe).
È a livello grafico, tuttavia, che le cose si fanno ancora più interessanti. Infatti è stato creato appositamente un carattere tipografico che incorpora gli arzigogolati elementi decorativi adoperati nel First Folio per suddividere i testi. E qui c’è lo zampino di un pezzetto di Italia.
A ideare e ad assumere la direzione artistica del progetto c’è una progettista italiana, Irene Omodeo Zorini, che lavora come design manager proprio al Globe e ha collaborato con la sua collega britannica Louise Richardson, coinvolgendo, per lo sviluppo dell’identità tipografica, lo studio londinese Typeland, fondato da un’altra nostra connazionale, Alessia Mazzarella, insieme a Vaibhav Singh (di loro ho già parlato qui).
Utilizzando il carattere Amifer — disegnato da Mazzarella nel 2020 e già impiegato dal teatro nella comunicazione visiva delle stagioni precedenti — e unendolo ai pattern e alle incisioni del First Folio, è nato Amifer Folio, pensato ad hoc per il Globe.
«Il risultato è una serie di lettere maiuscole decorate con dettagli ispirati alle sei opere estive in programma. Per esempio, l’onda che si infrange sulla lettera T per la Tempesta, una freccia che attraversa la M in Sogno di una notte di mezza estate (Midsummer Night’s dream), e un uccello regale sulla M in Macbeth. Il design presenta anche caratteri speciali per le lettere che compongono i bordi» illustra il comunicato stampa diffuso dal Globe.

(courtesy: Shakespeare’s Globe / Typeland)
In Amifer Folio — che continuerà a essere usato anche oltre questa stagione di spettacoli — gli elementi non hanno una funzione puramente decorativa ma sono parte integrante della struttura delle forme dei glifi. «La sfida» raccontano Mazzarella e Singh, «è stata creare combinazioni e variazioni intricate nel design, che potessero funzionare su diverse scale. Pertanto è stato creato un design che risultasse efficace a diverse grandezze e livelli di dettaglio, a seconda dei diversi usi».
Per farlo — continuano — hanno «creato un layer font con due stili separati: Amifer Folio Small ha elementi con dettagli più semplici, mentre Amifer Folio Big ha maggiori dettagli, per una presenza più impattante a dimensioni maggiori. In questo modo si ottiene un livello di versatilità nella tipografia che consente l’utilizzo di Amifer Folio in una gamma di contesti diversi, senza apparire troppo leggera o troppo scura nel livello decorativo. Ogni stile fa uso non solo del particolare insieme di figure (entità angeliche e demoniache, simboli, maschere, gargoyle, flora e fauna) che appaiono nei woodcut del First Folio, ma utilizza anche gli elementi di pattern che contrassegnano l’inizio e la fine di diverse sezioni nel Folio. Questi pattern sono stati attentamente interpretati per essere utilizzati da soli, e spaziati in modo che possano essere ripetuti senza soluzione di continuità».
L’Amifer Folio






