
Quando un fiore mostra i suoi petali e ci lascia affascinati, o una siepe di gelsomino diventa un muro bianco e cambia il profumo di un intero isolato, è quello il momento in cui cambia tutto. È una festa per chi ha la fortuna di incontrare quella primavera, ed è una festa per il fiore e la siepe stessa: una nuova stagione è iniziata, e si guarda avanti e si riesce ad ispirare chi guarda.
Quando si apre una bottiglia di prosecco chiamando un applauso, quando si chiede il silenzio alla tavola tintinnando la forchetta sul bicchiere, quando si toglie finalmente il tappo da un vintage importante lasciato da parte apposta per quella occasione; in quel gesto si recupera un’attenzione, si chiede e offre supporto, si lanciano sorrisi e consolida il senso di essere assieme, con gli amici, la famiglia o magari i colleghi o semplicemente chi passa di lì.
E mi pare interessante, anche se forse del tutto casuale, che l’italiano usi lo stesso verbo per la celebrazione di nuove stagioni delle piante e degli umani. E mi piace pensare che esistano momenti in cui le persone possano essere fiori, e sbocciare.
Inutile nascondervelo, alla fine di queste poche righe.
Roberta ed io abbiamo fatto 40 anni da pochissimo, e questo verbo sbocciare, assieme alle riflessioni che lo accompagnano, sono dedicati prima di tutto a noi e a nostra figlia Iole.
Poi ci siete anche voi, miei affezionati lettori-fiore.

