Talee – una serie di incontri, di giardino in giardino, per coltivare creatività e condivisione

So che non si tratta di una grande scoperta, ma solitamente la velocità a cui ci costringe il mondo non è tra le migliori per vivere in maniera piacevole. Al giorno d’oggi è un po’ come essere seduti su una giostra, una di quelle in cui di controllo se ne ha ben poco. L’unica scelta che abbiamo, mentre questa gira forsennatamente senza pensare troppo a noi, è di trovare il coraggio di scendere e scoprire che camminare con le proprie gambe è decisamente più rilassante.
Anche se non siamo stati noi a deciderlo ma una pandemia, due anni fa siamo scesi proprio tutti da quella giostra e per la prima volta abbiamo scoperto che esiste un tempo diverso, più lento e allo stesso tempo autentico, che ci ha permesso di fare altre cose che girare su noi stessi. Per molti, a dire il vero, più che “fare”, il verbo per eccellenza è stato “ricongiungersi”, che fosse ad una passione abbandonata o un libro lasciato a metà sul comodino o a qualcosa di più grande di sé, come la natura.

(courtesy: Giulia Capodieci / Talee)

Proprio quest’ultimo genere di ricongiungimento è dietro la nascita di Talee, una serie di incontri che prenderà via il 26 maggio alle 18.30 presso Cascina Martesana a Milano. Artisti e artiste, giardinieri e giardiniere, persone che nella loro pratica ibridano creatività e mondo vegetale, prenderanno parte a conversazioni e workshop riguardo storie che parlano di visioni, cambiamenti, fioriture, germinazioni e che sanno generare atti di condivisione.

La mente dietro questi momenti che si prospettano a dir poco magici è Giulia Capodieci, da sempre immersa nel mondo della comunicazione socio-culturale prima a BASE Milano, ora in ActionAid, ma anche grande appassionata del mondo delle piante. Credo non ci sia persona migliore che Giulia per raccontare cosa sia nello specifico Talee, cosa l’abbia spinta a dare vita a questo progetto e perché vale fare un salto ad ascoltarla parlare con il suo primo ospite, Stefania Tussi, questo giovedì. Insomma, la faccio breve, sono finita a farle qualche domanda per scoprirne di più su di lei e su Talee.

Partiamo dalle basi, cos’è Talee?

È prima di tutto un programma itinerante, autoprodotto, per ora su Milano ma si stanno aprendo possibilità anche in altre città; si terrà sempre in spazi verdi, soprattutto urbani per permettere di mappare anche luoghi che chi vive in quelle città conosce molto poco e che rappresentino il mondo del verde comunitario. In questi spazi ambientiamo delle chiacchierate che vanno a mettere in evidenza la connessione tra natura e creatività. Gli ospiti sono o legati al mondo delle industrie creative, però scelti in particolare perché nel loro lavoro c’è una forte componente di legame con il mondo vegetale, o botanici, agricoltori, giardinieri, che affrontano il mondo vegetale con una particolare visione creativa.
Quello che vorrei far venire fuori è che esattamente come con una talea tu crei una nuova pianta in un luogo nuovo, così succede anche con l’ispirazione che nasce dall’ascolto di un piccolo gruppo di persone in cui la creatività si propaga più facilmente e più empaticamente.

In ogni incontro, si parte appunto con una talea, che l’ospite stesso porta con sé e che rappresenta per motivi anche autobiografici il suo rapporto con il mondo vegetale. Da lì andremo a svelare assieme tutte le connessioni che ci sono tra il suo lavoro e la sua passione per quel mondo, la sua relazione con la natura, fino ad arrivare a riflessioni su aspetti che riguardano non tanto il giardinaggio, quanto più l’ispirazione vegetale in senso più ampio. Sarà come entrare nel dietro le quinte di ogni ospite, scoprire la parte meno esposta al pubblico. E ci sarà anche qualche blitz laboratoriale, per promuovere una visione libera ma anche ribelle della natura.

Mi piacerebbe che fosse un tipo di evento che esce dall’ottica in cui più siamo, più possiamo riconoscerne il successo, anzi, preferirei invece che ci fosse poca gente, così poca da non dover usare nemmeno un microfono; che fosse uno spazio in cui si ascolta, ma che dopo si rompano pure le righe per conoscersi gli uni con gli altri; chissà che qualcuno trovi dei compagni di avventura per un progetto da sempre nel cassetto, sarebbe una cosa bellissima, ma mi basterebbe semplicemente che si riscoprisse l’importanza della condivisione.
Ecco, non vorrei che diventasse un salotto di cittadini che parlano delle loro piante, ma che si recuperasse una visione poetica ma anche politica, nel senso di prendere una posizione rispetto al mondo in cui vuoi essere. Perché ad oggi parlare di natura è anche parlare di politica, è prendere posizioni per evitare che questo mondo qui continui a collassare.
Mi interessa moltissimo evidenziare una visione bioempatica con il mondo vegetale, non un approccio in cui c’è l’uomo e poi la natura, ma una relazione che va coltivata in cui l’uomo non prevarica la natura.

Giulia Capodieci
(courtesy: Giulia Capodieci / Talee)
Tutte le illustrazioni sono di Caterina Gabelli
(courtesy: Giulia Capodieci / Talee)

Esattamente come con una talea tu crei una nuova pianta in un luogo nuovo, così succede anche con l’ispirazione che nasce dall’ascolto di un piccolo gruppo di persone in cui la creatività si propaga più facilmente e più empaticamente.

Come è nata invece l’idea di questo progetto?

Sono un’appassionata di botanica e piantine da recuperare da sempre, e nell’anno della pandemia mi ero iscritta ad un master — Futuro vegetale — tenuto da Stefano Mancuso presso l’Università di Firenze, che andava ad unire questa passione per il mondo vegetale con dei tentativi di farli diventare dei modelli per la social innovation. Ho cominciato perciò a seguire questo master sull’onda di un’ispirazione non meglio definita e la parte più bella è stata senza dubbio quella di potersi confrontare con altri che hanno la tua stessa visione del mondo, anche se per via della pandemia abbiamo potuto vederci dal vivo solo circa sei volte.

Proprio in quel periodo, bloccati tutti nelle nostre case, mi sono perciò chiusa fuori in terrazzo a piantumare cose. Da lì ho capito che il mio momento di benessere è quando sono lì fuori, quando i ritmi rallentano, quando smetto — come molti milanesi — di rincorrere il successo a tutti i costi. In particolare, durante il lockdown, ho cominciato anche a tenere un diario, che chiamavo “Erbario emotivo”, in cui, mentre ero in terrazzo ad occuparmi delle piante, scarabocchiavo come mi sentivo. E ho cominciato a riflettere sul fatto che le piante possono servirci a capire meglio le nostre emozioni, a esplicitare un “come mi sento”, a cercare modelli diversi al nostro modo di stare nell’ecosistema che abitiamo e avevo voglia di condividere questa cosa, così come le storie che raccoglievo quando mi confrontavo al riguardo con amici o colleghi.

Talee perciò è nato da lì, da questo bisogno di stare nello spazio verde e dal rendersi conto che è dalle storie connesse al mondo vegetale che possiamo trarre delle ispirazioni, che magari non sono legate alle narrative più conosciute.
Inoltre, fino alla fine dello scorso anno, prima di passare in ActionAid, dove lavoro attualmente, curavo la comunicazione di uno spazio culturale milanese, BASE Milano e in quell’occasione avevo creato Wunderkit, un format di incontri [ha partecipato anche il nostro Simone, nda] sempre legato al raccogliere storie d’ispirazione: anche quello è stato un tassello che mi ha spinto a creare Talee, aiutandomi a capire che è una mia cifra stilistica quella di andare a mettere in primo piano le storie delle persone.

Ho capito che il mio momento di benessere è quando sono lì fuori, quando i ritmi rallentano, quando smetto — come molti milanesi — di rincorrere il successo a tutti i costi. In particolare, durante il lockdown, ho cominciato anche a tenere un diario, che chiamavo “Erbario emotivo”, in cui, mentre ero in terrazzo ad occuparmi delle piante, scarabocchiavo come mi sentivo.

Ho notato che ad accompagnarti ci sono anche le illustrazioni di Caterina Gabelli di Studio Fludd.

Ho conosciuto Caterina quando lo studio di cui fa parte si stava occupando del rebranding di BASE: ho notato subito che fa una ricerca visiva molto profonda su segni, iconografie, materie e sapevo anche che Studio Fludd si era occupato in passato di un orto botanico e erbari. Dopo aver visto perciò i suoi lavori botanici, le avevo chiesto se aveva degli schizzi di piante simili che potevo utilizzare per rappresentare le talee e lei mi ha aperto il suo archivio.

Torno alla tua passione per il mondo vegetale, sono curiosa di sapere la storia di questa tua attrazione verso le piante.

Fin da piccolina, le piante le ho sempre avute intorno grazie ad un piccolo terrazzo che avevamo, nonostante sia milanesissima. Avevo questa mania di raccattare piante ovunque, anche pezzettini per terra mezzi spiaccicati, e cercare poi di farle tornare alla luce. Nonostante le varie morie dei miei tentativi, quando ci riuscivo, la soddisfazione era massima. Secondo me, è tutto collegato ad una storia che ricordo di aver letto da bambina, in cui una principessa raccoglie da terra un fiorellino rovinato e scopriva poi che si trattava di una fata.
Questa mia tendenza, comunque, è arrivata a livelli massimi quando una volta ho raccolto dei giacinti d’acqua, che sono una specie a dir poco infestante, e li ho messi nella vasca da bagno assieme a della terra, trasformandola in uno stagno. Per fortuna mia madre mi ha fermata prima che potessi mettere le mani su dei girini, perchè quello era l’obiettivo finale. Mi ci facevo anche la doccia lì dentro con l’acqua fredda!
[Ridiamo entrambe, nda]

Quando sono andata a vivere da sola, questa cosa di prendere le piante un po’ danneggiate me la sono portata decisamente dietro e il mio attuale terrazzo è fatto solo di piante recuperate da vivai o dalla mia amica fioraia che mi dà le piante sfiorite, o anche trovate per strada perché buttate via.
Perciò il mio rapporto con la natura è sempre stato molto urbano, poco a che fare con una dimensione per dire più boschiva o più naturale in senso ampio e che sto invece riscoprendo ora da più grande. Nonostante questo, cerco di capire ogni giorno cosa c’è di naturale in quello che sto facendo. Ad esempio, ho dei vasi che lascio vuoti per vedere cosa ci nasce in maniera spontanea, tolgo raramente erbacee.

Avevo questa mania di raccattare piante ovunque, anche pezzettini per terra mezzi spiaccicati, e cercare poi di farle tornare alla luce. Nonostante le varie morie dei miei tentativi, quando ci riuscivo, la soddisfazione era massima.

A proposito invece di Talee, ascoltandoti parlare mi è venuta una piccola curiosità personale: perché hai scelto come nome proprio la parola “talee” e non “semi”, dato ciò che cerchi di creare con questi incontri?

Quando ho avuto l’idea per questi incontri, c’erano tre immagini che mi guidavano: una era il seme, per tutte le storie di Gilles Clement riguardo le piante vagabonde e quel mondo lì che erano assolutamente in linea, ma allo stesso tempo era una metafora molto utilizzata e c’era anche una dimensione di casualità; con la talea invece si tratta di un atto che si sceglie volontariamente di compiere, è più affine ad un’immagine in cui la creatività te la vai a cercare, sei lì pronto ad accoglierla e non aspetti passivamente che arrivi da sé; e poi c’era l’oasi, come luogo di incontro, di scambio e anche di creazione di ecosistemi e per un po’ di tempo è stata un’immagine che ha fatto molto da padrona nella mia mente.
Poi però mi sono resa conto che quando raccontavo questo progetto alle persone, lo chiamavo, senza rendermene particolarmente conto, “Talee”, perciò credo che sia venuto anche da sé.

Per fortuna comincia a venire a galla sempre di più un movimento “slow flower”, che guarda di più alla flora locale, ma anche stagionale, e dunque riformula l’estetica in modo tale che le persone cerchino i fiori “giusti”.

Sappiamo che la prima ospite sarà Stefania Tussi, ma hai già anticipazioni sulle tue prossime compagne di viaggio?

Sì, la prima è Stefania Tussi, una flower designer che ha scoperto tardi il suo legame con il mondo vegetale, che viene infatti dal mondo della tessitura, degli eventi. Nelle sue composizioni, anche da autodidatta, cerca fiori a chilometro zero, fiori selvatici, fiori secchi; lavora su un’immagine diversa dei fiori recisi, che sono spesso d’importazione e dunque fanno migliaia di chilometri per arrivare, vengono prodotti in serra e in modo intensivo, come fosse una monocultura.
Per fortuna comincia a venire a galla sempre di più un movimento “slow flower”, che guarda di più alla flora locale, ma anche stagionale, e dunque riformula l’estetica in modo tale che le persone cerchino i fiori “giusti”.

Ci sarà poi Francesca Zoboli, un’illustratice e decoratrice che ci ospiterà nel giardino del suo studio a Milano. Fa tantissima ricerca sui colori, cromie e texture naturali, e per passione è anche giardiniera.

E poi avrò il piacere di dialogare con Laura Bianchi, ex giornalista di moda che ha scoperto una nuova vita da giardiniera a Zoagli [e che noi abbiamo già intervistato in occasione dell’uscita del suo primo libro, nda] e con cui vorrei chiacchierare di fuga dalla città e di giardini mediterranei.

Prometto di avere solo un’altra domanda da farti: come pensi avrebbe reagito la piccola Giulia che amava salvare piante da terra se le avessi mostrato questa tua nuova avventura?

Probabilmente avrei trovato il coraggio di fare di quella passione lì, che è ancora oggi con me, un lavoro. Chi sa se magari oggi sarei stata una giardiniera, cosa che non escludo potrei diventare nel futuro.

Era l’ultima sul serio, e dopo aver salutato Giulia con un grandissimo in bocca al lupo, spero che dalle sue risposte vi venga voglia di andarla ad ascoltare dal vivo assieme ai suoi ospiti. Io non posso fare altro che aggiungere: buon viaggio, Talee!

P.S.
Ai primi tre appuntamenti di Talee ci si prenota online: Talee con Stefania Tussi, Talee con Francesca Zoboli e Talee con Laura Bianchi.

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