Il Mahābhārata e il Rāmāyaṇa sono due poemi epici considerati testi sacri nell’induismo. Entrambi lunghissimi e molto complessi (il primo arriva, in alcune versioni, a 98mila versi; il secondo a 24mila. Iliade e Odissea ne hanno rispettivamente 16mila e 33mila), sono considerati fondamentali per la conoscenza dell’intricata mitologia indù e per comprendere la visione del mondo legata a questa antichissima filosofia e religione.
Risalenti a un periodo che va dal VII al IV secolo a.C. — ma si ritiene che l’origine sia ancora più antica — raccontano di dei, dee, figure eroiche, avventure e guerre tra bene e male.
Alle fitte trame di entrambi i componimenti si ispira il progetto Kalamkari Letter Design della giovane designer indiana Anjali Joshi, che ha disegnato un intero alfabeto basato sullo “scheletro” dell’Helvetica, decorato con figure e pattern che riprendono e sintetizzano alcune delle vicende narrate nei due testi, mentre le lettere rimandano alle figure protagoniste della scena: la A del principe Arjuna, la B di Brahma, la C di “cowherd”, cioè il bovaro, e così via.
Attualmente di base a Mumbai, dove lavora come designer dopo essersi laureata al Rachana Sansad College of Applied Art & Craft, Joshi ha conosciuto per la prima volta l’arte tradizionale indiana durante gli studi, venendo in contatto, in quell’occasione, anche con il cosiddetto stile Kalamkari, cioè la pittura (o la xilografia) su tessuto di motivi e figure tratte appunto dal Mahābhārata e dal Rāmāyaṇa.
Quando poi si è specializzata in tipografia, ha pensato di tradurre tale stile in caratteri, disegnando non solo l’alfabeto ma anche i numeri e i simboli di punteggiatura, con l’intento di creare interesse ed educare le persone riguardo all’arte popolare indiana, oltre che di pubblicizzare in patria e all’estero il ricco patrimonio culturale dell’India.
«La bellezza di un testo ben progettato può avere un enorme impatto sul modo in cui ci avviciniamo a un testo» spiega la progettista. «Il mondo della tipografia oggi è molto più di un semplice gioco di caratteri. Qui ho cercato di andare oltre le necessità tecniche della tipografia e di evidenziarla come una vera forma d’arte».

(courtesy: Anjali Joshi)