La maggior parte di noi è cresciuta col settimanale Topolino. È stata la prima lettura abituale e regolare, la prima rivista della quale abbiamo imparato a notare e conoscere struttura e grafica, l’alternarsi tra storie, rubriche e pubblicità. Non sapevamo ancora spiegarne i motivi, ma una piccola o grande rivoluzione nell’impaginazione o nelle griglie si portava dietro un sapore differente. E per digerire quel nuovo sapore serviva tempo (ricordo ancora il traumatico cambio di editore, nel 1988, quando avevo nove anni: da Mondadori a Disney. La scomparsa del logo Mondadori dalla costola gialla — lo stesso logo che stava su molti dei libri “da grandi” negli scaffali dei miei — la vissi come un “downgrade”, una retrocessione al bambinesco. Pur continuando ad amare Topolino, constatavo con amarezza che nessun “vero libro”, in casa, aveva su stampata la silhouette della testa del topo).
A distanza di anni, ritrovare i vecchi albi fa presa sul sentimento-chiave del nostro tempo: la nostalgia. Ma è una nostalgia che non viene innescata dalle storie bensì da tutto il resto, in primis la pubblicità. È quella — i prodotti e, soprattutto, l’estetica — a farci precipitare di nuovo negli anni dell’infanzia, avvolti da quella sensazione calda e accogliente del ricordo ritrovato.
Quella dell’account Instagram Piccolo Spazio Pubblicità — che dei vecchi numeri di Topolino raccoglie appunto le pubblicità — non è però un’operazione-nostalgia; almeno non del tutto. Il fondatore, il giovane designer grafico Federico Fattori, è infatti uno studente (attualmente frequenta un master in Advanced Design a Bologna) e coi Topolino è sì cresciuto ma principalmente leggendo quelli “d’epoca”, acquistati a poco nei mercatini dell’usato.
Se dunque di nostalgia si tratta, questa è — come dire — fuori sincrono, tanto che tutte le immagini finora pubblicate sono di albi dell’era-Gentilini (Gentilini diresse Topolino dal 1949 al 1980 e fu il più longevo tra i pochi direttori che nei decenni si sono susseguiti alla guida del settimanale: in merito a questo, consiglio la lettura di un bellissimo pezzo di Andrea Fiamma su Fumettologica che ripercorre l’intera storia), che nemmeno io ebbi modo di vivere, essendo cresciuto nel pieno dell’era-Capelli (1980-1994).
L’idea di ripescare le vecchie pubblicità di Topolino non è ovviamente originale. Lo fa già da anni L’Antro Atomico del Dr. Manhattan, ma in quel caso si tratta di un’operazione di stampo nostalgico-cinico (allo sguardo dell’adulto contemporaneo le pubblicità vintage appaiono ingenue, ridicole, paradossali, inconsapevolmente comiche o interessanti perché politicamente scorrette rispetto ai canoni odierni).
Piccolo Spazio Pubblicità è invece semplicemente un archivio, e l’ironia che si ritrova in una macchina da cucire pubblicizzata con l’etichetta “per adulti” o il modellino Bburago della Lancia Stratos lanciato con un “Fatti un buco così”, o ancora la psichedelia e lo slogan (accidentalmente?) lisergico “Un mondo di allegria” di una réclame della Fanta del 1975 non ha bisogno di essere esplicitata.
L’operazione di Fattori, inoltre, è interessante anche per un altro motivo: lui stesso riconosce in quelle pubblicità il primo germe di quella che poi sarebbe diventata la sua passione e — oggi e in futuro — anche il suo mestiere.
«Sfogliando i numeri vintage che trovavo nei mercatini — spiega Fattori — notavo che il mio interesse non era soltanto per le storie dei personaggi Disney ma soprattutto per le pubblicità. Non nascondo che questa mia passione mi ha portato poi ha intraprendere la strada del graphic designer».