Più o meno tutte e tutti ci abbiamo prima o poi ficcato il naso dentro, girando avidamente le pagine colorate, passando il dito sopra ogni nostro oggetto del desiderio, mandando a memoria i codici — 6080, 6080, 6080, quasi come se il ripeterlo all’infinito come un mantra potesse, in virtù del pensiero magico, assicurarti di ricevere in regalo il castello di Legoland (con me in effetti funzionò).
Quello dello sfogliare il catalogo Lego era un rito, ed è affascinante riviverne, a decenni di distanza, la potenza, ritrovando vere e proprie madeleine che ti riportano indietro nel tempo, in territori della mente in cui il confine tra realtà e fantasia/desiderio si fa sfumato — potrei giurare di aver avuto il quartier generale della Polizia che appare sul catalogo del 1980; ho la vivida sensazione di aver messo quei mattoncini gli uni sugli altri; ma sarà vero o è successo tutto nella mia testa in quei momenti in cui, in cameretta, prima di spegnere la luce, mi immergevo dentro alle pubblicità sulla quarta di copertina di Topolino?
Al di là della nostalgia, andando a ripescare le scansioni dei vecchi cataloghi Lego, messe online dal sito brickset.com, è interessante notare anche la lenta ma inesorabile trasformazione nello stile della comunicazione.
Il primissimo catalogo disponibile, quello britannico del 1966 (la stragrande maggioranza di quelli sfogliabili è in lingua inglese), è infatti pieno di testi evidentemente rivolti ai genitori: «In questo mondo moderno fatto di conquiste tecniche, palazzi giganti e impressionanti autostrade, un bambino può essere facilmente intimorito e perplesso. È attraverso il gioco che un bambino impara a venire a patti con il grande mondo, e un giocattolo come Lego può aiutare», si legge.
E: «Il giovane mastro costruttore apprezza l’attenzione e l’aiuto occasionale dei suoi genitori ma non che si impossessino completamente della sua creazione».
Le differenze con l’ultimo catalogo presente sul sito, datato 2015 sono evidenti: a parlare, in quello più recente, sono le immagini. Non c’è più bisogno di spiegare agli adulti le potenzialità dei mattoncini e di esaltarne le qualità: semmai si cerca di attrarre anche loro nel medesimo modo — la vista, il desiderio e, ulteriore ingrediente, la nostalgia, appunto — per fargli mettere mano al portafogli e acquistare un costoso set da collezione.