LogoArchive: il nuovo numero è dedicato ai logotipi tessili

Lo ritroviamo sugli abiti e gli accessori, le coperte e i gomitoli: basta una rapida occhiata e sappiamo che quella che abbiamo sottomano è lana, solo lana, pura lana.
Quello della Pura Lana Vergine, disegnato nel 1964 e da allora applicato a miliardi di prodotti, è in effetti uno dei marchi più riconosciuti al mondo, spesso citato (ad esempio in questa classifica che la rivista Creative Review stilò qualche anno fa) come il migliore di sempre, per potenza, efficacia e, appunto, riconoscibilità.

L’autore del logo, ufficialmente, fu un certo Francesco Saroglia, all’epoca impiegato nel Segretariato Italiano della Pura Lana Vergine, la nostra sezione nazionale dell’International Woolmark Secretariat, l’organismo internazionale che indisse il concorso per trovare un marchio. Tra i giurati di quel concorso c’era il grande progettista grafico Franco Grignani che, scoraggiato dalle proposte arrivate, pensò di ritirarsi dalla giuria e proporre una propria idea.
La storia è un po’ più complessa di come la sto raccontando (si può leggere nel dettaglio sul sito del Museo del Marchio Italiano) ma l’epilogo è questo: Grignani disegna un logo straordinario presentandolo sotto falso nome, quello del succitato Saroglia. Rimasto in giuria, vota contro la sua stessa opera, che però vince su tutte.

LogoArchive n.7, luglio 2020 (courtesy: Richard Baird / LogoArchive)

Un intreccio niente male dietro a un progetto realizzato per un contesto, come quello del tessile, che sugli intrecci è letteralmente costruito.
Una storia che non poteva che essere raccolta nel nuovo numero, il settimo, della fanzine LogoArchive, dedicata proprio ai logotipi realizzati per aziende e organizzazioni del tessile.

Fondata nel 2018 dal designer britannico Richard Baird, LogoArchive si è sviluppata a partire dall’omonimo account Instagram sul quale da anni Baird pubblica i logo del passato.
Ogni numero è caratterizzato da un tema visivo ma, oltre che al recupero di materiali d’archivio, la fanzine punta a essere anche una piattaforma di analisi critica e dà spazio a dei brevi saggi: in questo caso ce n’è uno di Baird sulla metafora come attrezzo del mestiere nella progettazione grafica, uno della designer e art director Maria Elges sull’importanza del “perdere il filo”, cioè dello smarrirsi all’interno del processo creativo, e uno dell’architetto e scrittore Jack Self, direttore della rivista Real Review, che esamina con occhio critico il modernismo e — prendendo spunto dai concetti alla base del femminismo intersezionale — propone, per il futuro, un “modernismo intersezionale”.

LogoArchive n.7, luglio 2020 (courtesy: Richard Baird / LogoArchive)
LogoArchive n.7, luglio 2020 (courtesy: Richard Baird / LogoArchive)
LogoArchive n.7, luglio 2020 (courtesy: Richard Baird / LogoArchive)
LogoArchive n.7, luglio 2020 (courtesy: Richard Baird / LogoArchive)
LogoArchive n.7, luglio 2020 (courtesy: Richard Baird / LogoArchive)
LogoArchive n.7, luglio 2020 (courtesy: Richard Baird / LogoArchive)
LogoArchive n.7, luglio 2020 (courtesy: Richard Baird / LogoArchive)
LogoArchive n.7, luglio 2020 (courtesy: Richard Baird / LogoArchive)
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