La lotta è FICA: la nuova campagna di Cheap per le strade di Bologna

Nei suoi sette anni di attività, uno dei grandi meriti di Cheap — progetto di arte pubblica fondato nel 2013, a Bologna, da sei donne agguerrite e intelligenti — è stato quello di rimettere continuamente in discussione il concetto stesso di public art. Laddove, in tutto il paese, le amministrazioni si sono spesso servite di questo strumento per colorare luoghi grigi e vuoti senza poi intervenire davvero per migliorare quartieri e borghi; laddove l’arte pubblica è stata usata come foglia di fico per occultare piani di gentrificazione dietro a termini più presentabili come rigenerazione o riqualificazione, Cheap ha scelto invece di non rinunciare mai all’aspetto sovversivo e alla carica sobillatrice che l’intervento artistico sugli spazi pubblici si porta dietro fin dalle origini.

Con una rara sensibilità nel tastare il polso al dibattito pubblico, la capacità di mettere bene a fuoco i temi più caldi, spigolosi e conflittuali, e l’ardente urgenza di inserirsi nel discorso attraverso il più effimero dei materiali — la carta — e il più temporaneo dei supporti — il manifesto —, Cheap in questi anni ha saputo regalare ai bolognesi campagne di affissione di grande impatto, ben visibili su alcune tra le più frequentate strade della città.
Un regalo senza prezzo, a mio parere, perché se un post ben fatto può raggiungere via social migliaia di persone, difficilmente questo uscirà da certe “bolle”. Su un manifesto, invece, ci sbatti il muso. Ce lo sbatti quando esci di casa, vai a fare la spesa, l’aperitivo, in palestra. È lì, dietro l’angolo, col suo carico di idee pronte a saltarti addosso e di domande che, se tutto va bene, almeno per un po’ andranno a scavare nel tuo cervello.

Cristina Portolano per “La lotta è FICA” (foto: Michele Lapini | courtesy: CHEAP)

Ed è con un tempismo eccezionale che Cheap ha appena lanciato la sua nuova campagna. Il titolo, che ad alcuni mi auguro faccia venire l’orticaria, è La lotta è FICA, e si sviluppa in 25 poster nei quali il tema centrale — quello del femminismo — interseca l’antirazzismo, la rivolta contro il potere, i corpi eccentrici e in transizione, lo sguardo queer. Questo in un momento in cui, mentre attraversiamo le fasi di una pandemia che ha di fatto rafforzato dinamiche come la violenza domestica e i ruoli di genere (gli uomini al lavoro, le donne a casa coi bambini, vista la chiusura delle scuole), ci ritroviamo in un paese in cui fino a poco tempo fa si augurava lo stupro a Carola Rackete, si condannava il jilbāb di Silvia Romano, si parlava di trans senza però dar parola a chi trans lo è, e in cui oggi — mentre si osserva a ciò che succede dall’altra parte dell’oceano e invece della luna si guarda al saccheggio — le figure istituzionali e le grandi firme del giornalismo ci chiedono con sdegno di “contestualizzare” lo stupro di una minorenne ad opera di Indro Montanelli.

«Il progetto era in cantiere da gennaio ma non c’e nessuna casualità [con le tempistiche, ndr]: stiamo finalmente assistendo ad un cambiamento del paradigma. A Bristol, la statua dello schiavista Edward Colston è stata rimossa e buttata nel fiume; negli Stati Uniti varie statue di Cristoforo Colombo sono state rimosse. A Milano si è affermato una cosa che noi troviamo di una banalità sconcertante, cioè che uno stupratore non merita una statua e attraverso di essa una celebrazione pubblica: eppure abbiamo assistito ad una levata di scudi agghiacciante in difesa di un suprematista bianco che parlava della sua schiava bambina come di un “animaletto docile”. Non siamo certe che la difesa del privilegio bianco maschile e coloniale si fermerà alla schiera dei bimbi di Montanelli che si stanno stracciando le vesti, argomentando che lo “stupro va contestualizzato”. Temiamo invece che non solo assisteremo a scene indegne del genere ogni qualvolta un simbolo dell’oppressione verrà contestato ma che le stessa situazione si ripeterà quando cercheremo di produrre un immaginario critico in opposizione a quello sopra citato», scrivono le fondatrici di Cheap, che hanno tappezzato via dell’Indipendenza — cioè la principale arteria “di passeggio” di Bologna — con opere di illustratrici, grafiche, fotografe, perfomer, fumettiste e street artist come To/Let, MissMe, Nicoz Balboa, Fumettibrutti, Bastardilla, Joanna Gniady, Cristina Portolano, The Unapologetically Brown Series, Ivana Spinelli, Ritardo, Flavia Biondi, Mariana Chiesa, Chiara Liki, Luchadora, Jul Maroh, Rita Petruccioli, Giorgia Lancellotti, Chiara Meloni, Athena, Redville, Ilaria Grimaldi, Silvia Calderoni, Claudia Pajewski e Camilla Carè, Maddalena Fragnito.

Tra corpi nudi, corpi trans, body positivity, violenze di genere, prospettive anticoloniali, omaggi alle lotte di Black Lives Matter e anticapitalismo, «la lotta» — per l’appunto — «non è mai stata così FICA».

Di seguito tutte le immagini: belle grandi, da sbatterci il muso.

Redville per “La lotta è FICA” (foto: Michele Lapini | courtesy: CHEAP)
To / let per “La lotta è FICA” (foto: Michele Lapini | courtesy: CHEAP)
Flavia Biondi per “La lotta è FICA” (foto: Michele Lapini | courtesy: CHEAP)
Rita Petruccioli per “La lotta è FICA” (foto: Michele Lapini | courtesy: CHEAP)
The Unapologetically Brown Series per “La lotta è FICA” (foto: Michele Lapini | courtesy: CHEAP)
Luchadora per “La lotta è FICA” (foto: Michele Lapini | courtesy: CHEAP)
Ritardo per “La lotta è FICA” (foto: Michele Lapini | courtesy: CHEAP)
Claudia Pajewski e Camilla Carè per “La lotta è FICA” (foto: Michele Lapini | courtesy: CHEAP)
Nicoz Balboa per “La lotta è FICA” (foto: Michele Lapini | courtesy: CHEAP)
Silvia Calderoni per “La lotta è FICA” (foto: Michele Lapini | courtesy: CHEAP)
Chiara Liki per “La lotta è FICA” (foto: Michele Lapini | courtesy: CHEAP)
Marianna Chiesa (a sx.) e Barstardilla (a dx.) per “La lotta è FICA” (foto: Michele Lapini | courtesy: CHEAP)
Athena per “La lotta è FICA” (foto: Michele Lapini | courtesy: CHEAP)
MissMe per “La lotta è FICA” (foto: Michele Lapini | courtesy: CHEAP)
MissMe per “La lotta è FICA” (dettaglio)
(foto: Michele Lapini | courtesy: CHEAP)
Giorgia Lancellotti per “La lotta è FICA” (foto: Michele Lapini | courtesy: CHEAP)
Joanna Gniady per “La lotta è FICA” (foto: Michele Lapini | courtesy: CHEAP)
Jul Maroh per “La lotta è FICA” (foto: Michele Lapini | courtesy: CHEAP)
Ivana Spinelli per “La lotta è FICA” (foto: Michele Lapini | courtesy: CHEAP)
Maddalena Fragnito per “La lotta è FICA” (foto: Michele Lapini | courtesy: CHEAP)
Fumetti Brutti per “La lotta è FICA” (foto: Michele Lapini | courtesy: CHEAP)
Ilaria Grimaldi per “La lotta è FICA” (foto: Michele Lapini | courtesy: CHEAP)
CHEAP per “La lotta è FICA” (foto: Michele Lapini | courtesy: CHEAP)
L’affissione della campagna “La lotta è FICA” (foto: Michele Lapini | courtesy: CHEAP)
L’affissione della campagna “La lotta è FICA” (foto: Michele Lapini | courtesy: CHEAP)
L’affissione della campagna “La lotta è FICA” (foto: Michele Lapini | courtesy: CHEAP)
L’affissione della campagna “La lotta è FICA” (foto: Michele Lapini | courtesy: CHEAP)
L’affissione della campagna “La lotta è FICA” (foto: Michele Lapini | courtesy: CHEAP)
L’affissione della campagna “La lotta è FICA” (foto: Michele Lapini | courtesy: CHEAP)
L’affissione della campagna “La lotta è FICA” (foto: Michele Lapini | courtesy: CHEAP)
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