Ricordo quando, da bambino, guardavo mia nonna fare le conserve. In una casa in cui la cucina era ben più grande del salotto, sistemava le verdure e i frutti maturi sull’enorme tavolo in legno, e poi passava giornate a sudare davanti ai grandi pentoloni ricolmi sui fornelli, a sterilizzare i barattoli e le bottigliette di vetro e poi a riempirli, con la casa impregnata dagli odori e rigonfia dei vapori e, come sottofondo, il suono meccanico della macchina tappatrice sulle bottigliette con i succhi di frutta appena fatti.
Il rito si ripeteva ogni anno: si incapsulava una stagione e la si teneva da parte, ben sigillata, per quando era ormai passata. Ogni coperchio aperto e ogni tappo fatto saltare, mesi dopo, era un richiamo a sapori, odori, luci e giornate ormai lontane. Una macchina del tempo.
Ho avuto la medesima sensazione aprendo il nuovo numero di The Preserve Journal.
«È come una conserva»: questo ho pensato, supportato dallo scarno messaggio che — come l’etichetta su un barattolo — recitava: collected during the seasons of spring and summer.
A differenza della stragrande maggioranza dei trimestrali, dei quadrimestrali e dei semestrali, The Preserve Journal non tratta infatti della stagione in cui si sta entrando ma di quella appena trascorsa..
Il secondo numero, uscito a ottobre 2019, è quindi fatto di primavera e di estate e sfogliarlo è come aprire il coperchio di cui sopra.
Un approccio perfettamente in linea con il tema della rivista, e cioè l’alimentazione sostenibile e consapevole, il foraging, la fermentazione, le conserve, per l’appunto, e tutti quegli chef, coltivatori e semplici appassionati che si ritrovano nella visione dei fondatori del magazine, fondato nel 2018 e realizzato a Copenhagen.
Tra interviste, guide, strategie, approfondimenti e foto analogiche, le 124 pagine (di carta riciclata) del secondo numero sono un affascinante e interessante soffio di bella stagione in questo freddo inverno.
Il magazine si può acquistare online oppure, a Milano, da Reading Room.