«Non ci sono muri e recinzioni. I confini del mio giardino sono l’orizzonte. In questo desolato paesaggio il silenzio è rotto solo dal vento, e dai gabbiani che bisticciano attorno ai pescatori che portano il pescato del pomeriggio. C’è più luce qui che in qualsiasi altra parte della Gran Bretagna; questo e il vento costante trasformano i ciottoli in un pietroso deserto dove le erbe più resistenti prendono il sopravvento — aprendo la strada al cavolo marino color verde salvia, alla viperina azzurra, al papavero rosso, al sedum giallo».
A scriverlo è il regista Derek Jarman, uno di quei nomi che non hanno bisogno di ulteriori presentazioni per chi già conosce la sua opera e il suo immaginario — entrambi fondamentali per la storia del cinema d’autore, per l’arte contemporanea e per la cultura queer — ma che sfugge alle definizioni troppo semplici (le più usate: controverso, iconoclasta, underground) e diventa dunque un incubo da spiegare a chi non ha mai visto capolavori come Jubilee o Caravaggio.
La citazione iniziale è tratta dalle primissime pagine del suo libro Modern Nature, un diario1 che Jarman tenne dal 1989 al 1990. Il giardino di cui parla è quello del suo Prospect Cottage, una piccola proprietà che acquistò nel 1986, l’anno in cui scoprì di essere sieropositivo (morirà, per complicazioni dovute all’AIDS, nel 1994).
Il cottage, che il regista trovò durante i sopralluoghi per il suo film The Last Of England, con Tilda Swinton, era nel Kent, in una località chiamata Dungeness, fino a quel momento celebre solo per uno degli edifici più terribili che si potrebbe immaginare di scorgere dalla propria finestra: una centrale nucleare. Jarman quella centrale la vedeva dal cottage e del suo giardino aperto, senza recinzioni, al quale dedicò il già citato Modern Nature e Derek Jarman’s Garden e dove girò pure un film, The Garden.
Tanto si è scritto su quel giardino — articoli, saggi, ricerche accademiche — che è diventato ormai una meta di pellegrinaggio e che può essere considerato in tutto e per tutto una sua opera: come i film, come i quadri che dipinse negli ultimi anni di vita, come i diari.
Quello stesso giardino è anche uno dei protagonisti del nuovo numero di Pleasure Garden, rivista che — come ho già raccontato in passato — si ispira agli omonimi luoghi caratteristici dell’Inghilterra ‘700, rifugi per passeggiare, per rilassarsi per organizzare cerimonia e spettacoli, per incontrare gli amanti.
Il tema di Pleasure Garden n.5 è Au Naturel, da intendersi in tutte le sfumature di significati: dai giardini lasciati allo stato selvaggio, o quasi, alla cucina che usa ingredienti come fiori e erbe selvatiche; dalla bellezza naturale alla nudità del naturismo; da un vecchio archivio di foto pornografiche all’espressione di sé al di là dei confini di genere.
La rivista si può acquistare online ed è disponibile in due versioni, una con la copertina che ritrae Jarman e l’altra con un collage di Linder Sterling.