L’ho già accennato qui, e lo racconto spesso quando mi capita di parlare del libro su Giorgio Morandi al quale ho lavorato: al momento di fare le foto agli oggetti appartenuti al grande pittore, a un certo punto siamo arrivati agli occhiali. Quando li ho tirati fuori dalla custodia, per passarli a Pietro Corraini, che li avrebbe poi posizionati davanti all’obiettivo, io e lui ci siamo guardati, prima in silenzio, per poi parlarne una volta finiti gli scatti.
Fino a quel momento avevamo maneggiato vasi, bottiglie, pentolame, un posacenere, della frutta in ceramica, degli stampi per dolci, tubetti di colore, e l’avevamo fatto con cura, certo, e con la consapevolezza di avere tra le dita le cose che avevano accompagnato le giornate, la vita, di uno dei più straordinari artisti del ‘900. Ma con gli occhiali fu diverso. Diverso in una maniera che è difficile spiegare a parole ma che si riusciva a percepire esattamente e nitidamente attraverso i sensi. Era come se in quelle lenti e in quella montatura ci fosse rimasto appiccicato un pezzetto dell’anima di Morandi, della sua personalità. Perché gli occhiali — a differenza di bottiglie, vasi e persino colori — sono qualcosa di intimo, personale. Gli oggetti possono toccarli tutti; dietro quegli occhiali invece c’è stato lui e soltanto lui (abbiamo avuto la tentazione di provare a indossarli? Ebbene sì, ma nessuno dei presenti si è permesso e ha avuto il coraggio di farlo). Con quegli occhiali ha letto, dipinto, guardato il mondo. Ha parlato, ha mangiato, ha amato, forse ha pianto.

(fonte: taschen.com)
Qualcosa di simile capita con la scrittura. Quella a mano, s’intende. Segni unici, frutto di un gesto, traccia di un momento, di uno stato d’animo, di un’intuizione, di una urgenza.
«La grafia agisce come una magia: ci trasporta indietro in momenti decisivi nella storia, nella creatività, nella vita quotidiana, e ci collega intimamente con le persone che hanno segnato la pagina», sostengono i curatori di The Magic of Handwriting: The Pedro Corrêa do Lago Collection, una mostra che la Morgan Library & Museum di New York, nel 2018, ha dedicato alla enorme collezione dello storico dell’arte ed editore brasialiano Pedro Corrêa do Lago.
Corrêa do Lago, oggi poco più che sessantenne, ha cominciato da ragazzino a collezionare autografi. «Avevo 11 o 12 anni e tenevo un quaderno sul quale raccoglievo le firme», racconta in una video-intervista. A un certo punto ha cominciato a scrivere lettere, chiedendo ai suoi destinatari di rispondere. E quelli rispondevano. Non si trattava di nomi qualunque: quando tornava da scuola, il piccolo Pedro riceveva buste che, dov’era indicato il mittente, avevano su scritto nientemeno che Chagall, o Mirò.

(fonte: taschen.com)
Negli anni, alle lettere e agli autografi raccolti personalmente, sono andate ad aggiungersi numerose acquisizioni, attraverso aste e altri appassionati. Oggi la Pedro Corrêa do Lago Collection conta oltre 100.000 esemplari (è la più grande del mondo, nel suo genere), tutti relativi alla scrittura a mano e focalizzati su personaggi della storia, dell’arte, della scienza, della letteratura, della musica e dello spettacolo. Da van Gogh ad Einstein, da Michelangelo a Goethe, dalla Regina Vittoria a Charlie Chaplin, da Lucrezia Borgia a Borges: quasi 1000 anni di storia distillati nelle grafie di chi la storia l’ha effettivamente fatta.
Una piccola selezione di tutto quel materiale è anche finita in un libro, pubblicato da Taschen e intitolato come la mostra, The Magic of Handwriting. The Corrêa do Lago Collection.
Curato da Christine Nelson della Morgan Library & Museum, con la collaborazione del designer grafico Julius Wiedemann, il libro — che si può acquistare anche su Amazon — presenta 140 tra i più interessanti esemplari della raccolta, tra manoscritti, lettere, appunti e spartiti, ciascuno accompagnato da una piccola scheda che parla del documento e di chi lo ha scritto.

(fonte: taschen.com)

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