L’architettura è soprattutto questione di contesto. Un edificio che in un dato luogo apparirebbe assurdo, inutile, persino mostruoso, in un altro potrebbe inserirsi alla perfezione.
Un buon progetto dovrebbe tener conto del contesto in cui andrà inserirsi, a quel che c’è attorno, alla cornice naturale, ai materiali utilizzati dagli edifici circostanti, a quel che c’era prima, al tessuto sociale presente, a come si trasformerà il luogo, a chi lo utilizzerà.
Ovviamente col contesto si può anche “giocare” e decontestualizzare, quand’è fatto in maniera assennata e non gratuita — può essere una forma d’arte.
Anche i più piccoli particolari, in una disciplina come l’architettura, dipendono dal contesto. Basta isolare un elemento e quello apparirà improvvisamente alieno, esotico, “altro”, come ad esempio le scale dell’artista britannico Nick Sellek.
Una cosa che nei disegni e nei rendering dei progetti d’architettura non manca mai sono le figure umane: esserini più o meno stereotipati e stilizzati messi lì per rendere più evidenti le dimensioni e le proporzioni di un edificio, per dare un tocco di umanità all’insieme, per contestualizzare, appunto.
Che succede, però, se ad essere decontestualizzate sono proprio le figure umane?
È questo il concetto alla base di un libro, An Unfinished Encyclopedia of Scale Figures without Architecture, pubblicato da Mit Press, la casa editrice del Mit, il celebre Massachussets Institute of Technology.
Curato da Michael Meredith e Hilary Sample, fondatori dello studio d’architettura MOS, di base a New York, il libro raccoglie più di 1000 figure umane “ritagliate” dai loro progetti originari. Dalla A di Alvar Aalto alla Z di Peter Zumthor, An Unfinished Encyclopedia of Scale Figures without Architecture si sviluppa in ordine alfabetico, appunto come un’enciclopedia, mettendo assieme in ben 1280 pagine le figure — disegnate a mano, dipinte, photoshoppate, ritagliate — di oltre 250 architetti di svariate epoche storiche (in piccolo, l’idea l’aveva già avuta tempo fa un altro architetto).
«Chiedete a chiunque, “Cosa fanno gli architetti?” e la maggior parte risponderà: “Gli architetti disegnano edifici”. Probabilmente immagineranno una figura miope, spesso vestita di nero, rannicchiata sulla sua scrivania, ossessionata dai dettagli. Questa immagine non è del tutto sbagliata, ma noi architetti disegnamo anche, aggiungiamo, copiamo persone in tutto ciò che facciamo. È impossibile rappresentare l’architettura senza rappresentare l’elemento umano. Anche quando la presenza umana viene intenzionalmente omessa o ridotta a un insieme di misurazioni senza volto, infesta l’architettura della sua assenza», scrivono gli autori del libro, che si può acquistare anche su Amazon.
P.S. Ringrazio Francesco Bergamo per la segnalazione