Adriano Attus, Wild Mazzini, Torino (foto: Andrea Macchia; courtesy: Wild Mazzini)

Intervista ai fondatori di Wild Mazzini, la prima galleria d’arte dedicata all’information design

Lo scorso 20 aprile, con una mostra di Valentina D’Efilippo, information designer italiana di base a Londra, si è aperta la prima stagione espositiva di Wild Mazzini, nuova galleria d’arte torinese fondata da Clemente Adami, Federica Biasio e Davide Fuschi.

Prima galleria specializzata nell’information design, Wild Mazzini ha deciso di lanciare il progetto con Prospettiva Italia, una serie di quattro mostre, per altrettanti designer/artisti (questo dualismo lo approfondiremo più avanti) di grande valore e riconosciuti a livello internazionale.

Dopo la già citata D’Efilippo e al suo OddityViz, che ha reso omaggio a Bowie e a uno dei suoi pezzi più celebri, Space Oddity, è stata la volta della personale di Adriano Attus, direttore creativo del Sole 24 Ore, che ha inaugurato il 10 maggio e resterà allestita fino al 9 giugno.
Il programma continuerà poi con Federica Fragapane (dal 14 giugno all’8 luglio) e si concluderà con Valerio Pellegrini (12 luglio — 4 agosto).

Per saperne di più sul progetto, com’è nato, com’è stato accolto e come si svilupperà, ho intervistato i tre fondatori, Adami, Biasio e Fuschi.

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Clemente Adami, Federica Biasio e Davide Fuschi, i tre fondatori di Wild Mazzini, Torino
(foto: Andrea Macchia; courtesy: Wild Mazzini)

Che io sappia non esisteva ancora una galleria d’arte interamente dedicata all’information design. Come mai questa idea? Da cosa è nata?

Da una parte c’è l’attenzione e la passione per i linguaggi, non solo artistici, della contemporaneità; dall’altra l’urgenza di comprendere davvero quei fenomeni complessi che ogni giorno sembrano scivolarci tra le dita: temi economici, sociali, politici, culturali… facciamo tutti fatica a comprendere il nostro tempo che sembra scorrere al doppio della velocità.
A un certo punto questi due binari hanno iniziato a convergere per questioni professionali, e non è passato molto tempo prima che ci rendessimo conto che stavamo “maneggiando” lavori che offrivano e richiedevano un’attenzione diversa, che attiravano il nostro sguardo per il modo in cui affrontavano la realtà oltre l’individualità ma con un calore e una cura inaspettati.

Negli ultimi anni c’è stata un’attenzione senza precedenti nei confronti di questa disciplina. Secondo voi perché? È un fenomeno legato al timore di smarrirsi nell’enorme mole di dati che produciamo continuamente, con ogni attività?

Diversi ricercatori ritengono che stiamo vivendo una fase di adolescenza tecnologica. Questo comporta, tra le altre cose, che da alcuni anni siamo in grado di leggere fenomeni di varia natura attraverso i dati, dall’infinitamente grande all’infinitamente piccolo, non solo per la quantità ma anche per la varietà e la profondità. In molti contesti sappiamo che i problemi e le risposte sono contenuti in questa mole di dati, ma non siamo ancora o del tutto capaci di interpretarli.
Il tentativo dell’information design è proprio quello di organizzare in modo significativo questa complessità per consentirci di prendere decisioni sia a livello personale che collettivo proporzionate alla natura dei fenomeni. Superare l’adolescenza significa proprio essere consapevoli delle proprie azioni.

Wild Mazzini, Torino
(foto: Andrea Macchia; courtesy: Wild Mazzini)

Il panorama italiano, da questo punto di vista, è molto fertile. Perlomeno per quanto riguarda i designer. A livello editoriale, invece, gli “attori” che commissionano infografiche sono forse ancora pochi (penso principalmente a Il Sole 24 Ore, il Corriere, Repubblica). Credete che offrire una vetrina insolita come la vostra possa dare ulteriore visibilità a chi lavora nell’information design? Anche al di là degli autori che avete scelto?

Più che per i designer Wild Mazzini nasce per quanti sono affascinati da questo linguaggio. Come è sempre accaduto nella storia dell’arte, la committenza rappresenta un motore fondamentale, ma dall’altra parte l’apertura e la condivisione di un linguaggio è quello che gli consente di vivere ed evolvere. Lo spazio che negli ultimi anni testate come il Corriere della Sera, il Sole 24 Ore o Repubblica, hanno offerto a chi lavora nell’ambito dell’information design è stato un primo passo, ma lavori che contengono centinaia, migliaia di dati richiedono molto tempo per essere apprezzati fino in fondo, un tempo che difficilmente può essere dedicato a un foglio di giornale.
Il passaggio successivo pensiamo sia portare queste opere nelle case delle persone, perché se la natura artistica di questi lavori è tale da continuare a suscitare meraviglia, i suoi osservatori continueranno a esplorarla anche molto tempo dopo averla appesa al muro.

Valentina D’Efilippo, Wild Mazzini, Torino
(foto: Andrea Macchia; courtesy: Wild Mazzini)

A proposito: sono artisti o sono designer?

Entrambi. Ciò che cambia è l’intenzione.
Gli artisti che portiamo ad esporre ricoprono spesso ruoli di primo piano nei settori della comunicazione, dell’editoria, del marketing o della ricerca, ma al tempo stesso sviluppano percorsi personali. Gli strumenti con i quali lavorano sono gli stessi, ma nel primo caso sono a servizio di un obiettivo fissato da qualcun altro, mentre nel secondo rispondono ad una poetica, frutto del proprio gusto, attitudine o vissuto.

Wild Mazzini, Torino
(foto: Andrea Macchia; courtesy: Wild Mazzini)

Avete deciso di partire dall’Italia, con una prima stagione intitolata appunto Prospettiva Italia, che si chiuderà a luglio. Come avete scelto i quattro protagonisti?

Come hai detto la scena italiana è molto ricca e prima di invitare artisti stranieri ci sembrava bello presentare alcune esperienze vicine a noi, non solo in termini geografici ma anche stilistici. La scelta è ricaduta su quattro artisti, che per caratteristiche personali e professionali hanno sia punti di contatto che differenze importanti. Sono due uomini e due donne, due di loro si sono formati nella stessa università, tutti lavorano (anche) nel settore editoriale, tutti sviluppano una propria poetica, rintracciabile tra colori e geometrie.
Insomma, volevamo portare quattro percorsi esemplari della creatività italiana nell’information design.

Wild Mazzini, Torino
(foto: Andrea Macchia; courtesy: Wild Mazzini)

A giugno inaugurerà la terza mostra. Qual è il bilancio delle prime due? E la campagna di crowdfunding?

Siamo soddisfatti: la curiosità intorno al nostro lavoro è molta e riceviamo feedback anche dall’estero. Chiaramente ci sono persone che per ragioni professionali o per studio hanno già una certa confidenza con infografiche, data visualization o visual design, ma la maggior parte resta stupita di quanta ricchezza possa essere raccontata attraverso una delle tavole che esponiamo.
L’apertura con OddityViz è stata travolgente, Valentina D’Efilippo ha passato la serata a raccontare il progetto almeno a 200 persone incuriosite dal viaggio narrativo e musicale all’interno del brano di Bowie. Con i lavori di Attus invece le persone restano sedotte dal sistema di colori, forme e dimensioni e progressivamente si lasciano andare al gioco della percezione, alla ricerca di un ordine sempre diverso dalle aspettative.
Anche la terza mostra sarà una personale: lo stile sarà ancora una volta diverso dai precedenti.
La campagna di crowdfunding cresce di giorno in giorno e siamo felici che un brand come Nastro Azzurro si sia interessato alla nostra avventura.

Adriano Attus, Wild Mazzini, Torino
(foto: Andrea Macchia; courtesy: Wild Mazzini)

Wild Mazzini (come mai il nome?) funziona proprio come una galleria? Le opere sono tutte in vendita? Chi acquista infografiche?

Mazzini è il nome della via in cui si trova la galleria, ma anche quello di un personaggio incredibile della nostra storia recente. Spesso a scuola viene trattato con poca attenzione e la sua raffigurazione più frequente lo fa somigliare a un curato di campagna, ma era un europeista ante litteram, un “expat”, un attivista, ma più di tutto “una testa calda” come diremmo oggi, ed è per questa ragione che lo abbiamo omaggiato dell’appellativo di “selvaggio”.
Le opere sono tutte in vendita a prezzi che oscillano dai 70 ai 4.000 Euro. I primi acquirenti sono state persone che, a loro dire, non vedevano l’ora ci fosse una galleria che trattasse questo genere di arte.

Cosa state progettando per il futuro?

Oltre alla prossima stagione, che andrà da settembre a dicembre, stiamo lavorando su due fronti principali: la formazione, per insegnare alle persone a leggere le produzioni di information design, e una grande mostra collettiva da realizzare nel 2019.

Adriano Attus, Wild Mazzini, Torino
(foto: Andrea Macchia; courtesy: Wild Mazzini)
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