Non so bene chi legga Frizzifrizzi, e in particolare chi legga questa mia rubrica. Forse Simone, Ethel e Francesca lo sanno; io non lo so.
Pur non sapendolo, mi piace pensare che siate persone come me, magari più giovani di me. Persone della mia generazione che stanno affrontando in questi anni i problemi tipici dell’instabilità emotiva e lavorativa, o che magari li avete già superati costruendovi da qualche parte un nuovo modo di vivere, essere sereni, o semplicemente essere.
Beh. Se come me vi sentite continuamente in un guado, in un mondo che cerca sbocchi e soluzioni, se come me vi svegliate la mattina entusiasti ma magari no, se soffrite di una cronica insoddisfazione che niente sembra in grado di colmare, forse siete solo dei nomadic workers.
Mi spiace, non esiste una traduzione interessante in italiano: alcuni balbettano di nomadi digitali, sottolineando come la connessione continua permetta di lavorare da qualsiasi parte mondo, anche in movimento. Eppure non è quello il senso.
In un’intervista rilasciata nel numero di novembre-dicembre 2017 di Frame, Richard Hywel Evans, fondatore dello studio di architettura londinese RHE, mi ha illuminato sul tema:
It’s about a nomadic and restless mind-set rather than about people who move from place to place […] The nomadic worker is constantly exploring new disciplines and new ideas.
Il genio di cui sopra termina il ragionamento sottolineando come the existing work structures struggle with this kind of flexible mind-set. Sfido molti di voi a non riconoscersi in in queste poche parole.
Per un’incredibile coincidenza ho letto quell’articolo pochi giorni dopo aver scritto il Bisticcio che apre questo articolo e che dedico a Sara. Sara è una vecchia conoscenza di questo magazine, e ha lasciato l’agenzia in cui lavorava per partire con la fotografa Vittoria Lorenzetti per un viaggio in India che le porterà a raccontarci nuove storie ma soprattutto le farà tornare ad essere.
Io, che ho avuto la fortuna di essere il suo capo, e che le ho fatto incontrare quella stessa fotografa, quando mi ha detto di voler partire, ho sentito una felicità talmente grande da doverci ragionare su.
Ma quel ragionamento, credo, non finirà mai. Buon viaggio a loro e a tutti noi, cari nomadic workers!