Il doppio “nuova” nel titolo non è un refuso.
A fine 2014 Airbnb aveva deciso di buttarsi nel mercato dell’editoria periodica lanciando un magazine, Pineapple, di cui parlai a suo tempo.
Pineapple nel design e nell’impostazione si ispirava chiaramente al mondo delle riviste indipendenti e doveva — nell intenzioni dell’azienda americana — uscire ogni tre mesi, focalizzarsi sulle storie di coloro che affittano case e appartamenti, ospitare i contributi di scrittori, giornalisti, fotografi di fama mondiale, essere distribuito gratuitamente in alcune, selezionate case facenti parte del circuito Airbnb, oltre ad uscire (a pagamento) in alcuni punti vendita e online.
Le cose poi hanno preso una piega diversa e quel primo numero di Pineapple fu anche l’ultimo.

Dopo due anni, nel novembre 2016 Airbnb annunciò la parnership col colosso dell’editoria Hearst per il lancio di un nuovo magazine, chiamato più semplicemente — e sicuramente in maniera più efficace in termini di marketing — Airbnbmag.
Uscita proprio in questi giorni, la rivista è molto diversa dalla “sorellina” abbandonata sul ciglio della strada. Diverso il nome, diversa la carta, diverso il design, diversi i contenuti, diverse anche la tiratura (350.000 copie di Airbnbmag contro le appena 18.000 di Pineapple) e la distribuzione (poco meno di un terzo delle copie in vendita diretta nelle edicole, negli aeroporti, ecc.; due terzi distribuiti in alcune destinazioni Airbnb negli Stati Uniti e nel Regno Unito; qualche decina di migliaia di copie spedite su abbonamento).
Non l’ho ancora sfogliata ma l’impressione è di un prodotto molto più “cheap”.

«Perché una compagnia tecnologica fa una rivista?», si è autodomandato il co-fondatore e Ceo di Airbnb Brian Chesky, rispondendosi così: «Due ragioni. La prima è che abbiamo guardato le riviste di viaggi esistenti e notato che la maggior parte di esse non ha dentro le persone, la gente. L’abbiamo trovato strano, perché nella nostra esperienza la vera magia del viaggio viene dall’incontrarsi e connettersi con gli altri. Volevamo un magazine che celebrasse questo tipo di viaggio. La seconda ragione: in un mondo sempre più digitale e transazionale, creare qualcosa che puoi tenere tra le mani, e che i padroni di casa possono mettere sui loro tavolini da caffè e condividere con gli ospiti, è qualcosa di speciale».
Anche l’altra volta aveva detto qualcosa di simile, e non è andata. Vedremo stavolta.



