Michail Efimovič Kol’cov fu poeta, scrittore, rivoluzionario russo, giornalista di grandissima fama e per un certo periodo forse il più popolare in patria. Primogenito di un calzolaio ebreo e fratello maggiore del fumettista Boris Efimov, fondò diversi giornali, collaborò con la Pravda, andò in Spagna per la Guerra Civile e Orwell scrisse di lui nel suo memoir Omaggio alla Catalogna mentre Hemingway lo trasformò nel personaggio di Karkov in Per chi suona la campana. Morì nel 1940, fucilato su ordine di Stalin.
Nella lunga lista di attività di Kol’cov c’è anche la nascita di una rivista di fotografia, Sovetskoe Foto (cioè Fotografia Sovietica, in cirillico Советское фото), che venne pubblicata quasi ininterrottamente e a cadenza più o meno mensile fino al 1991, anche se dal ’31 al ’33 cambiò nome in Proletarskoe Foto — cioè Fotografia Proletaria — mentre durante e immediatamente dopo la Seconda Guerra Mondiale cessò momentaneamente l’attività.
Rivolta agli appassionati di fotografia, Sovetskoe Foto pubblicava le foto e le lettere dei lettori, recensiva macchine fotografiche e lenti, approfondiva tecniche e “trucchi” da camera oscura, e nelle immagini ovviamente propagandava il modello di società imposto dal partito — davvero non si contano gli operai al lavoro, i contadini, gli sportivi, gli scolaretti immortalati tra le pagine della rivista, che per molti anni ebbe copertine davvero bellissime e che oggi è interessante andare a guardare, sia con l’occhio del fotografo che con quello dello storico, del ricercatore o del grafico.
Messo online appena qualche giorno fa, l’intero (o giù di lì) archivio fatto di centinaia di numeri si può consultare online, dov’è possibile sfogliare ma anche scaricare ogni uscita del magazine.