Le lettere maiuscole del nostro alfabeto vengono direttamente dalle antiche “capitali romane”, prima dipinte col pennello sulla pietra—un pennello piatto che permetteva, cambiando l’angolazione, di disegnare linee sottili e linee grosse—poi scolpite con lo scalpello (tra l’altro è dalla colonna Traiana che negli anni ’80 è stato sviluppato, come ricorda il nome, un carattere tipografico come il Trajan).
Da allora il lavoro di chi incide la pietra non è cambiato di una virgola. Né è cambiato poi di molto il tipo di committenza: decorare, pubblicizzare, esibire potere e denaro e, soprattutto, ricordare qualcuno che non c’è più.
L’unica differenza sostanziale è che al posto del pennello spesso si usa la matita, come mostra questa interessante video-intervista (qua c’è anche la trascrizione completa) allo “stone cutter” inglese Fergus Wessel che racconta come ha cominciato, come incide, quali sono le sue lettere preferite (sostanzialmente quelle più difficili da fare, tipo la S e la Q), come una delle maggiori difficoltà sia la spaziatura tra le lettere e quanta tristezza ci sia nel dover scolpire lapidi per i bambini, dimostrando, oggi come 2000 anni fa, quanto sia vero il detto *scripta manent*, soprattutto se la pietra è dura, lo scalpello è buono e la mano è abile.