Milano Film Festival 2014

Ogni volta che finisce il Milano Film Festival, ho la nostalgia.
Così, per consolarmi, vado al cinema e mi aspetto che tutti applaudano alla fine della proiezione, ma succede raramente e mai (e poi mai) nei multisala.

Vedere un film in programmazione, infatti, è un po’ come andare a scegliere un vestito: anche se qui prima lo compri e poi lo provi, sai già a cosa vai incontro. Ogni volta che si entra nella sala di un festival, invece, c’è sempre un margine di inaspettato, come se ci consegnassero una di quelle buste delle sorprese che vendevano in edicola (ma ci sono ancora?). Naturale poi che aprendola, la scatola dei festival possa scoprire l’insperato, o il rimosso, e faccia nascere domande. Sulla guerra, la società dei consumi, l’abuso dei social media e i panda. Davvero, vi siete mai chiesti cosa succederebbe se i panda improvvisamente cambiassero alimentazione e cominciassero a riprodursi, superando le loro attuali schizzinose riserve in campo sessuale?

Pandy
Pandy

Forse molti di voi no, ma Matus Vizar, creatore del corto di animazione Pandy, ci ha provato. Ne è nata una storia “acida” (per i colori e l’altissimo quantitativo di droghe) e politicamente scorretta (non lasciatevi persuadere dalla citazione di Darwin all’inizio) che ha fatto ridere persino la signora con completo, scialle e espressione di marmo che avevo accanto.

La faccia “di marmo”, invece, può farla venire la serie di corti Garage Door di Astrid van Nimwegen. In ciascuno la formula scelta è semplice e sempre uguale: la porta del garage si apre sullo stesso panorama, in cui non succede assolutamente nulla. Cambiano le stagioni, il tempo passa impercettibilmente, e le cose (come lo sguardo attonito dello spettatore) restano immobili.

Johnny Express
Johnny Express

Tornando all’animazione, un altro corto degno di nota è Johnny Express, di Kyung Min Woo, storia di un fattorino spaziale, che deve recapitare un pacco invisibile (a occhio nudo) a un destinatario altrettanto sfuggente. Alla fine la consegna verrà effettuata, ma dopo catastrofiche vicissitudini.

L’animazione ha il potere del distacco: anche se ci sono scene splatter o animali drogati, la nostra mente è al sicuro dalla censura, e si diverte. Quest’anno moltissimi corti hanno sfruttato il binomio kawaii/gore, come Pandy e Johnny Express, di cui ho parlato.

Don't hug me I'm scared II
Don’t hug me I’m scared II

Altri esempi in proposito sono Don’t Hug me i’m Scared II: Time di Joseph Pelling, corto realizzato in stile Muppets, ma decisamente lontano dai programmi didattici per bambini e Supervenus di Frédéric Doazan, altro racconto apparentemente innocuo. Prendendo in prestito delle illustrazioni di un libro di anatomia e contaminandole con un tocco (ironico) di horror, la storia ci fa riflettere su come stia cambiando l’idea di corpo perfetto.

Supervenus
Supervenus

Quando si parla di cinema sperimentale non si può non citare Luis Nieto, ormai presente nel programma del festival da anni.
Il suo background spazia tra teologia, fisica, matematica e scienze naturali, ma basta guardare uno dei suoi lavori per capire che il ragazzo ha un talento speciale per la regia. Dopo i coniglietti sadomaso, ora è la volta di un gatto molto grasso che improvviserà un beat box, ronfando in Metacinéma Appliqué. Moralisti e soci del WWF chiudete un occhio e andate a visitare il suo sito ricco di spunti e trovate interessanti.

Infine, per la serie brevi ma efficaci: Balloon Birds di Majolaine Perreten, su uccelli-palloncini.
Se quanto ho scritto vi ha incuriosito, siete ancora in tempo per recuperare e vedervi tutti questi corti, perché, fortunatamente, siamo solo a metà del festival.
Quindi portate la vostra coppia di mani migliore e andate ad applaudire.
Finiti i giorni a disposizione, l’usanza tornerà ad essere illegale.

GRUPPO F (giovedì 11 alle 22.30 al Teatro Strehler): Metacinéma Appliqué
GRUPPO C (sabato 13 alle 21.00 al Parco Sempione): Supervenus
MARATONA ANIMAZIONE (giovedì 11 alle 20.00 in Triennale – Teatro dell’Arte): tutti gli altri corti citati

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