Save the date | No Name Design

Quando un paio di anni fa è morta mia nonna e tutti noi parenti ci siamo riuniti in casa sua per rito tra il triste, il nostalgico e il divertito che consiste nella “divisione dei beni” tra i non (ancora) estinti nella scelta di cosa tenere e cosa buttare — rito complesso e cinico nel caso di grosse eredità, occasione di chiacchiere in famiglia e ricordi nel caso i beni mobili e immobili tendano a zero o giù di lì: il nostro caso, neanche a dirlo, era quest’ultimo.

Quella che mia nonna aveva lasciato nel mondo mortale erano una serie di mobili — molti dei quali fatti a mano da suo marito, morto quand’ero ancora piccolissimo; un quantitativo incredibile di tessuti, lane, tende, strofinacci; qualche vecchio cappotto; una scatola di latta piena di foto e, in cucina, interi cassetti pieni di misteriosi oggetti in plastica, ceramica, legno e metallo.
A Jesi, dove abitava lei, ogni settembre, fin dal medioevo, si tengono le Fiere di San Settimio (uno dei due santi protettori della città, l’altro è San Floriano, a cui è dedicato il Palio), occasione d’incontro e di bisboccia (come pure il Palio: nella terra del Verdicchio si beve forte e quando si va a cena da qualcuno si è solito portare almeno due bottiglie a testa, che non si sa mai…) ma pure di surreali acquisti tra le bancarelle del centro.

Ogni anno in occasione delle Fiere sui banchi degli ambulanti compare un “utensile straordinario” e ogni anno ce n’è uno nuovo, accompagnato da cartelli che promettono meraviglie, da imbonitori che urlano, da dimostrazioni dal vivo e da capannelli di signore anziane, di mamme coi bimbi appiccicati di zucchero filato, di single divertiti, di mariti nervosi.

Forbici per sminuzzare le verdure, misteriose capsule magnetiche per lavare la casa senza detersivi, centrifughe lava-insalata, affetta-uova sode, tappi magici, piega-camicie, apri-tutto, raschia-tutto, lava-tutto… E mia nonna evidentemente ogni anno li comprava, quegli strambi utensili. Per poi metterli in un cassetto e — come fanno molti accumulatori compulsivi — dimenticarsene. Dimenticare non soltanto la loro esistenza ma — nel caso di fortuiti ritrovamenti in seguito alle pulizie di primavera — addirittura di come si usano: non sempre basta la forma per intuire l’utilizzo di un utensile!

Sono pezzi, quelli del cassetto di mia nonna, di design anonimo. Così si chiama. Design anonimo. Che poi riguarda anche oggetti di uso quotidiano come il cacciavite, le forbici, la spillatrice, il cavatappi. Il cucchiaio di legno, il barattolo della marmellata, la borsa dell’acqua calda, il rastrello. Lo stetoscopio, la racchetta da ping pong, il pennello da barba, il martello. Il termometro, il battipanni, il compasso, la provetta da laboratorio.

Tutti noi abbiamo in mente l’immagine, lo stereotipo di questi capolavori del design, ma nella stragrande maggioranza dei casi nessuno saprebbe dire chi li ha progettati. Anonimi perché le tracce si perdono nella storia. O anonimi perché chi li ha progettati non era una grande e strapagata firma del design e lo scopo non era quello di farti acquistare il martello, il cavatappi o la borsa dell’acqua calda per l’estetica, per il nome, per la moda: lo scopo era di farti acquistare il martello, il cavatappi o la borsa dell’acqua calda perché ne avevi bisogno. E dovevano funzionare.

Il designer e docente svizzero Franco Clivio gli oggetti di design anonimo li colleziona da decenni (qua c’è un bel racconto/intervista che aiuta a inquadrare meglio il personaggio) e ne ha raccolti a migliaia. Il suo enorme archivio è diventato anche un libro — Hidden Forms — dal 19 giugno al 14 settembre prossimi sarà protagonista di una mostra al Triennale Design Museum di Milano, intitolata No Name Design.

In esposizione più di 1000 oggetti selezionati da tutti quelli accumulati fino ad oggi da Clivio, presentati classificandoli per materiale, funzione o per libere associazioni mentali. Dopotutto gli oggetti servono pure a questo: a stimolare la fantasia e a inventarne magari nuovi usi. E per quanto riguarda i misteriosi oggetti da cucina di mia nonna cercare di immaginarne l’utilizzo è l’unico modo per dar loro un senso.

QUANDO: 19 giugno – 14 settembre 2014
DOVE: Triennale Design Museum | v.le Alemagna 6, Milano | mappa

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